[07/08/2008] Comunicati

Il Clean development mechanism si è inceppato in Africa

LIVORNO. L´anno scorso le transazioni mondiali di "crediti di carbonio" hanno superato nel mondo i 64 miliardi di dollari, ma l´Africa, il continente che avrebbe più bisogno di questi fondi destinati a progetti a basso impatto ambientale ed alla mitigazione del global warming, ne attrae solo una minima parte, e questo rappresenta un serio ostacolo per la sua capacità di far fronte ai cambiamenti climatici. Infatti, anche se l´Africa produce solo una piccola parte dei gas serra del pianeta, è già una dei continenti più colpiti dalle conseguenze ambientali e sociali del climate change.

Ma in Africa finora è stato avviato solo il 3 % degli oltre mille progetti del Clean development mechanism (Cdm) approvasti nel mondo e la metà sono localizzati in Sudafrica, il Paese più ricco e sviluppato del continente e capace di interagire col complesso processo di accrediti. L´Africa non riesce ad attirare i progetti Cdm per le stesse ragioni che scoraggiano gli altri investimenti commerciali nel continente: mancanza di infrastrutture e di manodopera qualificata, tasso di povertà elevata, deboli risorse finanziarie, insufficienti competenze amministrative e tecniche, istituzioni precarie, corruzione ed instabilità politica, come dimostra il freschissimo colpo di Stato militare in Mauritania.

Tutte cose vere, ma il notiziario dell´Onu "Afrique Renouveau" sottolinea che «governi e specialisti dell´ambiente africani fanno rimarcare che il Cdm privilegia i progetti di riduzione dell´inquinamento a detrimento di progetti veramente destinati ad aiutare l´Africa a lottare meglio contro i cambiamenti climatici, per esempio la costruzione di sistemi di irrigazione; la salvaguardia dei suoli e la lotta contro le inondazioni; progetti provenienti dal fondo di adattamento del Protocollo di Kyoto».

Secondo Richard Muyungi (Nella foto), direttore per l´ambiente dell´ufficio della vicepresidenza della Tanzania, «I danni inflitti dai cambiamenti climatici sono già costati a questo Paese diversi miliardi di dollari e frenano la crescita economica. Il settore energetico è il più colpito. La siccità provoca un calo drammatico del livello dei bacini idrici che alimentano le centrali idroelettriche. Numerose isole costiere del Paese sono minacciate dalla crescita del livello del mare, mentre l´aumento delle temperature ha conseguenze costose per il sistema sanitario. La gravità della siccità e la paura che i cambiamenti climatici si ripercuotano sui prezzi alimentari hanno obbligato le autorità tanzaniane a privilegiare il finanziamento dei soccorsi di urgenza a detrimento dei programmi di sviluppo sostenibile a lungo termine; hanno dovuto rivedere le loro previsioni di una crescita del 6 o 7 % per il 2008. Per noi è impossibile presentare un bilancio globale delle perdite subite perché non ne conosciamo l´ampiezza. Io so che in certe regioni non è più possibile coltivare il cotone il mais, ma la dimensione dei mancati guadagni è più difficile da calcolare».

La Tanzania coopera con l´Onu per attirare gli investimenti del Cdm, ma secondo Muyungi «le misure sono molto complicate. Il Cdm in Africa dovrebbe adottare un approccio più globale per aiutare davvero il continente. Quel che ci occorre è un vero Piano Marshall».

Ogunlade Davidson, uno specialista ambientale della Sierra Leone, ci va giù ancora più duro: «il Cdm è stato distolto dal settore privato dalla sua missione iniziale di riduzione dei gas serra ed è diventata un´impresa a fine lucrativo. Il Cdm autorizza e reimpiegare una parte delle unità di carbon credit in progetti commerciali dio Paesi come l´India o la Cina che attraggono già importanti capitali stranieri. E´ la ragione per la quale si trovano tanti dei progetti del Cdm in Paesi in via di sviluppo in fase di industrializzazione e così pochi nell´Africa subsahariana. Il Cdm non impone misure di riduzione obbligatorie delle emissioni ai Paesi industrializzati. Si tratta di una lacuna fondamentale. I Paesi sviluppati devono ridurre le loro emissioni del 90 %. I mercati non possono da soli assicurare le riduzioni di emissioni necessarie. Sono proprio loro che hanno creato questo problema. Il Cdm dovrebbe modificare i suoi criteri e le sue procedure. Deve anche essere appoggiare attraverso nuovi programmi per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad acquisire delle tecnologie "verdi", con misure più forti contro le emissioni di gas serra dei Paesi del Nord con un finanziamento adeguato di questo processo di adattamento».

Muyungi conclude dicendo che «I bisogni sono enormi. La parte più grande dei finanziamenti di adattamento dovrebbe essere fornita a titolo di aiuto allo sviluppo. Deve essere integrata nei programmi di sviluppo. Per l´Africa, tuttavia, è più urgente poter accedere a questi mercati che correggerne le imperfezioni. Fino a che l´Africa conta solo una trentina di progetti Cdm su un migliaio, è un problema».

Torna all'archivio