[06/08/2008] Vivere con cura di Marinella Correggia

I cinque sensi e i piaceri dell’ecologia

Una delle tattiche più utili per convincersi e convincere al cambiamento in direzione ecologista e sociale è presentarlo come piacevole. Il contrario di un sacrificio. Un più, non un meno. Il sacrificio è rimanere nella palude del troppo, fra cianfrusaglie materiali e dipendenze mentali. Ma: un oggetto o un’azione o una situazione piacevoli, come possiamo definirli senza troppo alambiccarci? Una carezza ai cinque sensi. E un oggetto o un’azione o una situazione dis-piacevoli? Uno schiaffo ai cinque sensi. Piacere sociale ed ecologico, poi, è quello che accarezza tutti insieme i sei sensi: il sesto essendo la sensibilità ecosociale. Se siamo indipendenti anche negli aspetti ludici della vita, i veri piaceri sono quelli che appunto abbracciano i sei sensi.

Comunque anche senza considerare il sesto senso, sono gli stessi sensi fisici – se non sono prigionieri - a poterci guidare in un vivere ecologicamente che sia per tutti. Perché la gran parte di quel che danneggia natura e persone provoca anche un inquinamento visivo, acustico, olfattivo, tattile e perfino “palatale”. I piaceri “veri”, che non riservano lati d’ombra o delusioni, non inquinano, non pesano e spesso non costano nulla, sono tanti! Del resto “la maggior parte dei piaceri non necessitano di apporti energetici non umani”, affermava Bolo’Bolo, saggio utopico scritto in Svizzera nel 1987 che individua le caratteristiche di una ipotetica società di persone liberate.

Non è forse una carezza per gli occhi un paesaggio integro? Quanto più è cementificato, tanto più è sgradevole. Eppure magari si cura nel dettaglio l’arredo di casa e non ci si impegna a preservare quel che sta intorno. Ma per andar nel piccolo, non è più bella a vedersi una brocca per l’acqua del rubinetto che una bottiglia di acqua rinchiusa? Una borsa di tela colorata e durevole che uno shopper di plastica? Una strada piena di biciclette e pedoni che una piena di ferraglie? Altro confronto: Antonio che frequenta il lego di Bracciano dove sono vietati i mezzi a motore, si è recato su un altro lago (tacciamo il nome per rispetto) dove il divieto non c’è e ha sofferto di “inquinamento visivo, acustico, olfattivo”.

Non è forse un piacere per l’udito “sentire” il silenzio? Evitare di subire i rumori degli energivori e dunque inquinanti motori a scoppio squarciare il silenzio? Un motorino smarmittato, un Suv con il suo ronzìo sordo potenziato dall’aria condizionata accesa, un’auto dopo l’altra (cinquanta grr di auto sostituire un unico grr di bus). Ma perché poi rimanere sempre immersi in qualche suono, fosse anche la musica? Ad esempio come fanno certo persone a stare sempre con le cuffiette inserite (consumo di pile)?

Non è forse un piacere per l’olfatto assorbire il profumo di una peperonata anziché la puzza globalizzata di un fast food divoraforeste? O l’odore di vernice naturale che sa di bucce d’arancia essiccate, mentre i colori chimici sanno di mortiferi idrocarburi?

E il tatto, la pelle e i suoi organi sensoriali, non sono offesi dal tocco gelido dell’aria condizionata a palla – accesa anche quando magari fuori c’è un bel venticello - o da quello rovente di un eccesso di riscaldamento – innescato anche quando magari fuori c’è un tepore sufficiente?

I piaceri suddescritti accarezzano uno dei cinque sensi o più di uno senza offenderne nessun altro. Ma una passeggiata sotto un viale di tigli quando è tutto fiorito può essere un piacere del tutto privo di consumi materiali, per tutti e cinque i sensi. I fiori fanno salire l’odorato e la vista in paradiso. Il sole e il venticello accarezzano il tatto. Il silenzio acquieta l’orecchio. E se con i fiori prelevati ed essiccati si fa una tisana, è una goduria per il palato.

Dunque, azione! Cerchiamo di evitare che altri infliggano (e di infliggere agli altri) dis-piaceri ai nostri sei sensi. E di preservare la natura. Fonte di somme e leggere piacevolezze.

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