[01/08/2008] Rifiuti

Si allarga la lista dei Paesi che possono importare rifiuti da riciclare

LIVORNO. I rifiuti possono viaggiare ossia possono essere esportati in varie parti del mondo, e adesso per essere recuperati possono arrivare anche in Bosnia–Erzegovina, in Iran, in Togo, in Costa d’Avorio, in Malaysia, in Moldova, in Russia e in Ucraina: l’Ue inserisce anche questi paesi nell’apposito allegato e modifica le procedure da seguire per l’esportazione. Per determinati tipi di rifiuto destinati a essere recuperati non prevede l’applicazione degli obblighi procedurali di informazione e di controllo previsti dalla direttiva europea ma lascia che le procedure di controllo siano quelle dei paesi riceventi.

E lo fa a seguito delle risposte ricevute da questi Paesi. L’Ue infatti, chiedeva la conferma per iscritto che le miscele di due o più rifiuti non classificati sotto una voce specifica della normativa e i rifiuti verdi addizionali in attesa di essere inclusi negli elenchi della Convenzione di Basilea (elencati nell´allegato III o IIIA del regolamento (CE) 1013/2006), la cui esportazione non è vietata, potessero essere esportati dalla Comunità in quei paesi a fini di recupero. Richiedendo inoltre un’indicazione dell’eventuale procedura di controllo alla quale i rifiuti sarebbero assoggettati in quei paesi.

Del resto è la stessa Ue che sottolinea l’importanza di organizzare e disciplinare la sorveglianza e il controllo delle spedizioni secondo modalità precise. Ossia modalità che tengono conto della necessità di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e della salute umana e che favoriscano una più uniforme applicazione del regolamento in tutta la Comunità. Così come sottolinea l’importanza del rispetto della convenzione di Basilea. Essa non sancisce un bando totale dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti e conferma il diritto sovrano di ogni Paese di impedire o autorizzare l’esportazione di tali rifiuti nei proprio territori.

Ma si pone un obiettivo definito ossia la riduzione delle spedizioni di rifiuti pericolosi ad un livello minimo compatibile con una gestione efficiente ed ecologicamente corretta dei rifiuti. Viene previsto quindi l’impegno degli Stati a minimizzare la produzione dei rifiuti e a provvedere al loro gestione nello stesso territorio di produzione.

Ecco quindi che l’esportazione per la legge, è subordinata a determinate condizioni. Prima di tutto al fatto che un rifiuto non possa essere esportato nel Paese che ha deciso di vietare l’ingresso e né verso quelli che non siano parte della convenzione e neppure verso l’Antartide e nei pressi. Poi in teoria, l’esportazione dovrebbe avvenire solo quando il paese di produzione non sia in grado di provvedere allo smaltimento del rifiuti in maniera “ambientalmente” appropriata, ma anche al recupero.

Inoltre l’esportazione deve essere pubblicizzata e autorizzata: lo Stato esportatore deve notificare allo stato di destinazione e a quelli di transito il trasporto dei rifiuti e una serie di dati relativi e essere autorizzati da quest’ultimi al trasporto.

Inoltre la convenzione prevede la possibilità di imporre la reimportazione di rifiuti quando siano stati oggetto di traffico illecito.

Molto spesso l’esportazione riguarda in particolare residui chimici, metallurgici, elettronici e residui industriali tossici che non possono essere né distrutti né bruciati che partano dai paesi industrializzati per arrivare in altri meno sviluppati. Atteso che la maggior parte degli Stati del “Sud” non dispone di norme, vincoli, obblighi per controllare efficacemente le pratiche di trasporto, di recupero o di smaltimento sono divenuti la “pattumiera” dove collocare le copiose quantità di rifiuti provenienti dai grandi paesi industriali le cui normative al contrario, impongono sempre più frequentemente l’applicazione di sistemi di gestione complessi e anche costosi.

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