[01/08/2008] Comunicati

La rivoluzione verde? La fa la Cina rossa

LIVORNO.. Oggi "The Climate Group", un´organizzazione indipendente che mette insieme grandi imprese economiche e amministrazioni locali, ha reso noto il rapporto "China´s Clean Revolution" che abbastanza clamorosamente indica nella Cina il leader mondiale per la produzione di energie rinnovabili. Secondo il rapporto, la Repubblica popolare cinese avrebbe così effettuato il sorpasso sui Paesi capitalisti più avanzati in materia di «sviluppo e sfruttamento di opportunità economiche preziose, creando posti di lavoro legati alla protezione dell´ambiente e mettendo a punto delle tecnologie a basse emissioni di carbonio».

Un attestato "pesante", visto che "The Climate Group" non è certo un´associazione di anime belle, ma un think tank del mondiale che mette insieme il fior fiore del capitalismo mondiale: Arup, Baker & Mackenzie, Barclays, Bloomberg, Bp, Sky, British Telecom, Catalyst, Dell, Dow chemical company, Duke energy, Fpl, Goldaman Sachs, Google, Hdr, Habc, Interface, Johnson&Johnson, JpMorgan Chase, Man Group, Marks & Spencer, Munich Re, Mwh, News Corporation, Pratt Industries, Standard Chartered, Starbuck, Swire, Swiss Re, Tesco, Timberland e Virgin; le amministrazioni cittadine di Londra, Los Angeles e New York; i governi di British Columbia, California, Manitoba, Ontario, Québec, South Australia, Victoria.

"China´s Clean Revolution" svela che nell´inquinatissima Cina è in realtà corso una transizione verso una low carbon economy, una vera e propria rivoluzione innescata da politiche governative favorevoli e che «stimola non solo l´innovazione in materia di tecnologie che ridicono le emissioni di CO2, ma fa anche affluire miliardi di dollari verso il settore della produzione di energia rinnovabile ed efficiente. L´economia a bassa emissione di carbonio attira tanto i Paesi in via di sviluppo come la Cina che i Paesi ricchi, come la Gran Bretagna, Il Giappone e la Germania».

"The Climate Group" addebita il successo delle energie rinnovabili in Cina soprattutto ad alcuni è "vantaggi" interni, a cominciare da «un clima politico stabile (come se la dittatura del partito comunista fosse ormai diventato un vantaggio rispetto alle fastidiose pratiche democratiche, ndr), un ambiente commerciale dinamico e abbondanti opportunità, mostra che i Paesi in via di sviluppo potrebbero largamente profittare di investimenti destinati alla messa a punto di soluzioni per ridurre le emissioni di CO2, al fine di creare più posti di lavoro nel settore della protezione dell´ambiente, di realizzare benefici sociali e promuovere la crescita economica».

Ma vediamo cosa è che scatena tanta ammirazione capitalista verso le politiche cinesi per la realizzazione della "società socialista armoniosa": "The Climate Group" sottolinea che, anche se l´economia cinese dipende principalmente dal carbone, il governo e le aziende sono già avviate verso una rivoluzione pulita (chissà quella maoista che ha cambiato per prima il volto feudale della Cina come la definirebbero?) che ha trasformato il Paese nel leader mondiale di produzione del fotovoltaico e che diventerà presto il primo esportatore planetario di impianti eolici, scaldabagni solari, elettrodomestici a basso consumo e pile ricaricabili.

Changhua Wu (nella foto), direttrice di "The Climate Group" per la Cina, dice fiera che «Lontani dall´ignorare i cambiamenti climatici, i dirigenti cinesi si sono già impegnati a migliorare l´efficienza energetica e ad accelerare la crescita delle industrie a basse emissioni di CO2. La Cina comincia a fare i conti del suo peso sui cambiamenti climatici e gli obiettivi e le politiche in corso sono conformi a quelli di Paesi leaders come la Gran Bretagna e la Germania».

Il direttore generale di "The Climate Group" conclude che «la realtà è che il governo cinese comincia a liberare un "dragone" a bassa emissione di carbonio, al fine di alimentare la sua crescita ed il suo sviluppo futuro e di raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza energetica». La lunga marcia di Mao Tze Tung sembra davvero conclusa, fra gli applausi delle banche e delle multinazionali che prima l´hanno combattuta e ora sono pronti a far diventare il regime autoritario dei suoi eredi come socio ad honorem nel club esclusivo del capitalismo democratico del greenwashing.

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