[31/07/2008] Energia

Rapporto Enea 2007: primi commenti e prime critiche

LIVORNO. Nel rapporto Energia e ambiente 2007 presentato oggi dall’Enea, il ritorno del nostro paese al nucleare «rappresenta non solo un modo per riequilibrare il mix di fonti, oggi dominate nella produzione di energia elettrica dal gas, ma anche il reingresso in una tecnologia di grande complessità e con importanti ricadute industriali» e di fondi alla ricerca. Ipotesi duramente contestata da Legambiente, che ha organizzato un sit in all’Enea proprio durante la presentazione del rapporto.

«Basta con i soldi dei cittadini destinati al nucleare voluto dal Governo Berlusconi. I pochi soldi pubblici per la ricerca italiana in campo energetico - ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - vengano investiti solo in efficienza e rinnovabili, promuovendo l’unica innovazione tecnologica in grado di far traguardare al nostro Paese l’obiettivo europeo di riduzione del 30% delle emissioni di CO2 entro il 2020».

Le critiche di Legambiente sono in particolare rivolte al ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, presente alla presentazione del rapporto Enea. «Non raccontiamo favole agli italiani – sostiene Stefano Ciafani, - il nucleare che vuole il ministro Scajola è una tecnologia di terza generazione che, anche nella versione “evoluta”, non ha risolto i soliti problemi di produzione e smaltimento delle scorie, sicurezza e approvvigionamento di uranio. Sarebbe una vera follia investire oggi immense somme di denaro pubblico su una tecnologia che nasce già vecchia. Il nucleare di quarta generazione infatti è ancora nella fase di sperimentazione e nella migliore delle ipotesi vedrà la luce nel 2030».

Il rischio per l’Italia, secondo Legambiente, è quello di uscire da uno scenario comunitario che al 2020 prevede il 30% di riduzione delle emissioni di C02, il 20% di produzione energetica da rinnovabili e il 20% di miglioramento dell’efficienza energetica. Ed è un rischio molto concreto perché nella migliore delle ipotesi la prima centrale entrerebbe in funzione tra almeno 10 anni.

Il nucleare, secondo Legambiente, non serve nemmeno per recuperare i ritardi rispetto agli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, anche perché produce solo energia elettrica che corrisponde ad un 15% circa degli usi finali di energia, mentre il restante 85% è relativo al consumo energetico dei trasporti, industria e produzione di calore. Il contributo del nucleare alla riduzione dei gas serra, insomma, è pressoché trascurabile.

«Parlare di nucleare in Italia - conclude Ciafani - fa perdere tempo ad un Paese come il nostro che ne ha già perso troppo a proposito di riduzione delle emissioni di gas serra. La strada da seguire è molto più semplice e più desiderabile. E’ quella fondata soprattutto sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, una soluzione più immediata, sostenibile e addirittura più economica».

Dura la posizione anche per quanto riguarda «la storia che il nucleare serve all’Italia per ridurre la bolletta energetica e la dipendenza del Paese dall’estero».
«Stiamo parlando – sottolinea Diafani-di una tecnologia che nel mondo è in declino proprio per i costi eccessivi dovuti allo smaltimento delle scorie e allo smantellamento delle centrali, come sostenuto da autorevoli istituti di ricerca internazionali come il Mit di Boston o lo stesso Dipartimento dell’energia statunitense».

L’unica maniera per abbattere la bolletta energetica è allora quella di prevedere l’intervento dello Stato per coprire i costi della chiusura del ciclo «con una evidente forzatura delle regole di mercato».

«Il Governo- conclude Ciafani- abbia il coraggio di dire la verità agli italiani: sta candidando l’Italia a promuovere un programma arretrato e insicuro di centrali di terza generazione, sulla cui tenuta economica dovrà garantire comunque lo Stato, con buona pace degli obblighi previsti dai trattati internazionali contro i cambiamenti climatici e con un salasso non indifferente per la collettività costretta a pagare le multe salate previste dall’accordo europeo 30-20-20, vincolante per tutti gli Stati membri».

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