[30/07/2008] Energia

Greenpeace e Legambiente rovinano la festa per l´inaugurazione della centrale a carbone di Civitavecchia

ROMA. La "festa" per l´inaugurazione della centrale a carbone di Torrevaldaliga a Civitavecchia è stata guastata nella notte dagli attivisti di Greenpeace che hanno proiettato messaggi luminosi sulla centrale per ricordare che «il carbone è la prima minaccia per il clima globale, e che la politica energetica di Enel, che vorrebbe coprire il 50% della propria produzione elettrica in Italia da carbone, non solo porterà il Paese fuori dagli obiettivi di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra, ma compromette gli impegni europei per lo sviluppo delle rinnovabili».

Greenpeace definisce L´Enel «primo killer del clima con 51,6 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2006» e Francesco Tedesco, responsabile campagna energia e clima, sottolinea che «Il Paese deve ridurre le emissioni di CO2 di circa 100 milioni di tonnellate entro il 2012 per rispettare i parametri di Kyoto, ma la nuova centrale riverserà oltre 10 milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera. Ogni nuovo megawatt a carbone ci allontana sempre più da Kyoto e dall´obiettivo europeo per le rinnovabili al 2020. Si dovrebbe invertire questa tendenza adesso avviando una rivoluzione energetica pulita, e invece il sistema energetico italiano corre in tutt´altra direzione. In Italia non c´è spazio per nuove centrali a carbone, tanto meno nel parco naturale del Delta del Po, come Enel vorrebbe fare a Porto Tolle».

Le promesse non sembrano mantenute, almeno a leggere le cifre ripoortate da Greenpeace: «Dal 1994 a oggi la quota di energia rinnovabile è scesa dal 21% al 15,7% della produzione totale. Le rinnovabili sono in diminuzione non solo perché la produzione dell´idroelettrico è in calo, a causa delle minori precipitazioni sull´arco alpino, ma anche perché lo sviluppo degli impianti a base fossile è maggiore dello sviluppo delle rinnovabili. Ad oggi, oltre l´82% degli incentivi alla produzione di energia elettrica vanno a impianti a base fossile, non alle fonti rinnovabili. Tutto questo è pura follia. Non solo perché il pianeta sta correndo verso una crisi climatica forse irreversibile, ma perché l´unico modo per limitare da subito l´utilizzo di fonti fossili provenienti dall´estero e migliorare la sicurezza energetica del Paese è puntare su fonti rinnovabili ed efficienza».

Ma non è questa la strada percorsa dall´Italia: «Secondo i dati ufficiali - dice Tedesco - risulta invece che nel 2007 il solare fotovoltaico ha ricevuto appena 26 milioni di euro come incentivi in "conto energia", contro i 3,7 miliardi dati alle fonti fossili "assimilate" attraverso il CIP6. Una goccia nel mare. La montagna di denaro riversata sulle fonti fossili impedisce il decollo delle rinnovabili e limita la possibilità di ridurre le emissioni di CO2 del Paese. Nel 2007, attraverso il CIP6, lo Stato ha incentivato la produzione di oltre 15 milioni di tonnellate di CO2».

Stamattina all´inaugurazione della centrale di Civitavecchia c´era un´altra scomoda presenza, quella di Legambiente e il presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza e quello del Lazio Lorenzo Parlati hanno detto che «E´ assolutamente incoerente e anacronistico considerare il carbone la chiave di volta della politica energetica italiana quando siamo tra i paesi che arrancano di più nel ridurre le emissioni di CO2 per raggiungere gli obiettivi di Kyoto. Il carbone resta in assoluto il combustibile fossile con le più elevate emissioni di anidride carbonica per kilowattora prodotto e la nuova centrale di Torrevaldaliga Nord con i suoi 10 milioni di tonnellate di CO2 annui peserà non poco sul già disastrato quadro delle emissioni nazionali».

Il Cigno Verde ricorda che le 12 centrali italiane a carbone producono solo il 14% dell´energia elettrica italiana, ma con il 30% delle emissioni di CO2 dell´intero comparto elettrico nazionale, un trend in crescita: nel 2005 la CO2 emessa dalle centrali a carbone era 41,6 milioni di tonnellate, nel 2007, nonostante i limiti imposti dalla direttiva europea sull´Emission trading (Ets), aveva raggiunto i 42,5 milioni di tonnellate.

«Il Governo abbandoni dunque l´idea di puntare sul carbone perché allontanerà l´Italia dalle scelte europee che si prefiggono un taglio alle emissioni del 20% entro il 2020, costringendo la collettività a pagare pesanti sanzioni - Dicono Cogliati Dezza e Parlati - La strada che dovrebbe seguire l´Italia è quella di un sistema energetico distribuito, fondato sul risparmio e l´efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili riducendo progressivamente l´uso del carbone per la produzione di energia elettrica, fino al suo completo abbandono, e riconvertendo a gas naturale le centrali termoelettriche che oggi utilizzano gli altri combustibili fossili. Solo in questo modo il nostro Paese potrà dare il suo contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, i cui catastrofici effetti sull´ambiente e sull´economia mondiale sono ormai confermati da fonti più che autorevoli».

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