[24/07/2008] Parchi

Greenpeace passa le aree marine protette ai raggi X

ROMA. Oggi Greenpeace ha diffuso il rapporto "Riserve marine ai raggi X" nato dalla collaborazione con Diving action network (Dan) e Nase che, hanno effettuato un monitoraggio subacqueo per verificarne lo stato di salute di 11 aree marine protette (Amp).
I risultati del monitoraggio, che fa parte del progetto Divers environmental survey (Des), realizzato sulla base di 12 parametri ambientali, promuovono: Pianosa, Portofino e Capo Carbonara, ma anche Tavolata Capo Caccia, Tor Paterno e Ventotene. Porto Cesareo e le Cinque Terre raggiungono appena la sufficienza, mentre non vanno bene le cose nelle Amp di Plemmirio e Isole dei Ciclopi.
«Nelle Amp monitorate – spiega Greenpeace - se lo stato generale dell´ambiente risulta buono, maggiori preoccupazioni si riscontrano per i popolamenti ittici e per i popolamenti dei fondali. Premesso che questo tipo di monitoraggio fornisce solo indicazioni da approfondire con analisi più dettagliate.
Il Des ha identificato cinque problemi principali per la Amp AMP italiane:

1. Pesca di frodo. È il problema più diffuso. In due AMP, in zona A sono state trovate reti da pesca: Plemmirio e Isole dei Ciclopi. Anche a Pianosa (zona A ma di un parco nazionale) è stato trovato e asportato un piccolo frammento di rete. A Tor Paterno c´erano pescatori con le canne e a Porto Cesareo è stato fotografato un pescatore subacqueo.

2. Zonizzazione insufficiente. La zonizzazione è la definizione dei livelli di tutela. Com´è noto, in Italia esiste una suddivisione su tre livelli di tutela: zone A (massima), B (intermedia) e C (minore). Tuttavia, sono stati osservati posti bellissimi in zona C e posti dove non c´era molto in zona A.

3. Eccessiva urbanizzazione della costa. Rilevato in alcune Amp un eccesso di sedimentazione e torbidità che dipende anche dalla urbanizzazione della costa (costruzione di case, strade, porti…) con il rilascio di fango e altre sostanze. Un esempio, Punta Mesco alle Cinque Terre.

4. Presenza specie aliene. Meno famosa della sua "parente"Caulerpa taxifolia (la cosiddetta "alga assassina"), la C. racemosa è stata trovata dalla Sicilia all´Arcipelago Toscano e risulta ormai diffusa in tutto il Mediterraneo, soprattutto nel Sud. Le Amp potrebbero essere utili "sentinelle" dove monitorare l´evolversi di queste invasioni biologiche.

5. Impatto del cambiamento climatico. Possibile conseguenza del cambiamento climatico sembra essere la moria del popolamento di corallo rosso a bassa profondità presso la Grotta di Falco a Capo Caccia (Alghero). Probabilmente anche alcuni popolamenti di Paraeritropodium coralloides, una gorgonia parassita che si insedia sulle gorgonie danneggiate, possano derivare da morie indotte da stress termici o da altri impatti antropici di origine "distante" dall´Amp.

Alessandro Giannì, responsabile campagna mare di Greenpeace sottolinea che «Le Amp si confermano uno strumento valido al ripopolamento in presenza di controlli severi e in assenza di prelievo da pesca Chiediamo la creazione di una rete efficace di Riserve Marine che copra il 40% dei mari italiani. Perché un sistema di questo tipo potrebbe ripopolare i mari e restituire opportunità di lavoro al mondo della pesca che negli ultimi anni ha perso 15.500 posti di lavoro».

Sul tema è intervenuta anche Federparchi: «L´agonia delle Aree Marine protette si fa sempre più profonda. La conversione del decreto legge 112 "Sullo sviluppo economico" (sic) introduce infatti una nuova e pesantissima limitazione alla loro possibilità di operare, vietando il rinnovo dei contratti dirigenziali e il mantenimento in servizio, per più di tre anni, di lavoratori con contratti di tipo flessibile. Contratti precari, e´ da sottolineare, a cui le Aree Marine sono state costrette negli anni per il divieto ad assumere stabilmente il personale. Tutti gli operatori impegnati fino ad oggi – a cominciare dai Direttori in carica - dovranno dunque essere licenziati e le Aree Marine dovranno rinunciare all´esperienza accumulata in anni di lavoro, mettendo irrimediabilmente a rischio la sopravvivenza dell´intero sistema».

«Dopo la decurtazione del 50% - operata dal precedente governo, continua Federparchi - – di risorse gia´ del tutto insufficienti, in quanto destinate ad un numero di Aree che e´ nel frattempo raddoppiato, questa ulteriore dimostrazione di disinteresse, da parte del Parlamento, per un settore strategico della tutela dei nostri ambienti marini, riduce al lumicino le speranze di sostenere una attività che aveva posto l´Italia all´avanguardia, con oltre un quarto di tutte le riserve marine del Mediterraneo. Con buona pace per gli impegni internazionali, le convenzioni sulla tutela della biodiversità e le promesse di salvaguardia del sistema complessivo delle aree protette.
La Federparchi, nel denunciare questa gravissima situazione, spera ancora in un ripensamento e fa appello al governo, alle forze politiche, ai parlamentari perché intervengano a scongiurare un danno che potrebbe poi essere riparato solo tra molti anni. In assenza di immediate e concrete risposte saranno inevitabili azioni di mobilitazione e di ferma protesta».


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