[22/07/2008] Comunicati

Ineos-Porto Marghera: storia d´insostenibilità ambientale e sociale

LIVORNO. L’Ineos, l’azienda francese che ha messo a punto una tecnologia per generare bioetanolo dai rifiuti, è la stessa che ha acquisito da Sindyal il comparto di produzione pvc e che sta ormai decidendo definitivamente di abbandonare Porto Marghera e liberare quindi altre quote del condominio un tempo di proprietà di Montedison e che ha vissuto quindi tutte le vicende societarie del gruppo.

Un enorme condominio, in gran parte dimesso, e anche per questo sempre più costoso per i servizi, che ben interpreta con il suo aspetto ormai fatiscente il declino di una delle principali pagine industriali del nostro paese, quella della chimica. E che con l’abbandono del comparto veneziano da parte dell’Ineos potrebbe subire un ulteriore tracollo. La vicenda dell’Ineos si concluderà infatti a giorni, forse con un salvataggio in extremis per scongiurare la chiusura dello stabilimento di produzione di cloruro di vinile monomero (Cvm) e polivinilcloruro (Pvc ), con l’intervento di Eni, a sua volta sollecitata dal governo.

E che quindi potrebbe tornare ad occuparsi di un settore che aveva dimesso nel riassetto societario che aveva portato alla separazione di Enichem divenuta poi Syndial, ancora proprietaria nel grande condominio del comparto cloro soda, che sta a monte della produzione di cvm e pvc.

Ineos traslocherà (sembra piuttosto certo)da porto Marghera, perché non ha ottenuto garanzie da parte del governo ( ma sarebbe più corretto dire dei governi, dato che la vicenda dura da ormai otto anni) di poter portare avanti il progetto di bilanciamento delle produzioni cvm-pvc , a fronte di interventi di ambientalizzazione del comparto.

Ma la rinuncia di Ineos porta con sé con effetto domino, anche la messa a rischio delle altre lavorazioni pvc-cvm in Italia e di conseguenza dei comparti di lavorazione cloro-soda attualmente di proprietà Syndial, a Porto Marghera e Assemini (Sardegna) e la prospettiva di chiudere i cicli del cloro con ricadute negative sull’occupazione per i petrolchimici di Mantova, Ferrara e Ravenna (che dipendono da Porto Marghera per la fornitura di etilene), con una perdita stimata di diverse centinaia di posti di lavoro.

Uno scenario poco rassicurante per il futuro di molti lavoratori che vivono ormai da quasi vent’anni alla giornata e che dopo aver rinunciato (spesso) alla salute, aver convissuto con situazioni ambientali raccapriccianti (che hanno già compromesso altri comparti economici quali ad esempio quello della pesca in laguna) si ritrovano ora con un pugno di mosche in mano e la prospettiva della cassa integrazione. Con l’unica prospettiva (a quanto sembra) che l’Eni accetti di lanciare la ciambella di salvataggio e di tornare ad occuparsi di chimica nel nostro Paese. Ma che non pare davvero una grande prospettiva alla luce della politica fallimentare fatta da Enichem, (oggi Sindyal), che per far fronte ad un carico pesantissimo di debiti ed inefficienze e per raggiungere come unico obiettivo quello del conto economico in positivo, ha scelto da oltre dieci anni a questa parte la strada dei tagli.

Quello che viene da chiedersi è poi il fatto se varranno per Eni le stesse richieste di ambientalizzazione richieste ad Ineos, la quale accettava di farle in cambio di poter rilanciare il comparto, o se invece in questo caso si farebbe una sorta di condono. Uno sconto pur di ottenere in cambio la garanzia di non chiudere (almeno nell’immediato) i reparti di produzione cvm/pvc e dare fiato così all’intera filiera. E ancora una volta i saldi si fanno sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori. Una storia che a Porta Marghera si ripete (purtroppo) sin dalle sue origini.

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