[18/07/2008] Comunicati

Vita naturale e morte naturale: dalle mamme centenarie a Eluana

LIVORNO. C’è una parola, un aggettivo grammaticalmente parlando, il cui significato sta sempre più mutando nella nostra società. O almeno ci pare non si riesca più a trattenere nella sua accezione iniziale. La parola in questione è ‘naturale’, la cui definizione da dizionario (De Mauro) è: della natura, attinente alla natura; che concerne il mondo fisico, che è parte integrante della natura. Il suo contrario è innaturale o artificiale o manipolato.

Tuttavia i confini del concetto di ‘naturale’ è l’uomo, seguendo il proprio credo, che li ridefinisce di continuo. Così che quello che naturale prima non era, ora lo è diventato, ma può succedere (ed è successo) anche il contrario. Il tema non è affrontabile certo in poche righe di un articolo ma qualche interrogativo lo vogliamo porre di fronte a fatti di cronaca, quali il doloroso caso Eluana, che ci portano appunto a domandarci ancora una volta fin dove la scienza può arrivare e quindi l’uomo e dove invece è giusto che soccomba sotto la forza dell’agire della natura. Che significa in buona sostanza vita e morte e quindi, da parte dell’uomo, diritto alla vita e diritto alla morte.

Segnaliamo nel merito, quindi, seppur possa sembrare un salto logico, la notizia apparsa oggi sul Corriere della Sera relativa alla futura possibilità (2038) che le donne possano avere figli anche a cent’anni. Qual è il nesso? Che in entrambi i casi di naturale non c’è proprio niente. La povera Eluana vive solo perché è attaccata a una macchina. Fosse accaduto un incidente simile al suo negli anni Cinquanta sicuramente sarebbe morta. Da diversi anni invece la scienza medica è in grado di tenere in vita una persona che invece da sola non potrebbe assolutamente farlo. Giusto o no tenerla attaccata alle macchine oppure lasciarla morire, in poche decine di anni è comunque l’uomo che si è arrogato – in casi come questi - il diritto alla vita delle persone.

Chi crede risponderà che è il disegno di Dio. E può anche darsi, ma allora cosa dirà la Chiesa del fatto che con le cellule staminali, per l’utilizzo delle quali anche il Papa si è detto favorevole, donne di cento anni potranno avere figli? E se fosse che il figlio ha dei seri danni cerebrali scoperti durante la gravidanza, chi stabilirà a quel punto qual è la ratio per decidere? Perché se il principio è solo che la vita va sempre difesa a prescindere da tutto, allora la contrarietà alla fecondazione assistita, sempre da parte della Chiesa, non avrebbe senso. Possono sembrare sofismi e forse anche solo mere provocazioni, ma la questione si pone anche per chi si occupa di economia ecologica come noi.

In buona sostanza il diritto alla vita e il diritto alla morte non possono non essere che la faccia della stessa medaglia: se ci sono due certezze nella nostra esistenza sono proprio che un giorno siamo nati e un giorno moriremo. Questo vale anche in natura. Nascere e morire accade ogni centesimo di secondo nel regno animale e vegetale del pianeta. E’ giusto perseguire la strada che ci porta verso una vita più lunga, ma fino a che punto è lecito arrivare, qual è il disegno di Dio (per chi ci crede), o quali semplicemente le nostre finalità terrestri, e quanto si può sfruttare l’ambiente naturale sacrificandolo per i nostri sogni di vita eterna e di crescita economica infinita? Noi di risposte definitive non ne abbiamo neanche una, ma crediamo fermamente che i limiti anche alla vita dell’uomo come alle risorse del pianeta esistono e dobbiamo farci i conti capendo fino in fondo cosa sia la vita naturale (in termini anche di qualità) e cosa sia la morte naturale (anch’essa in relazione alla qualità della vita).

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