[10/07/2008] Comunicati

Essere o apparire? Da Robin Hood al G8

LIVORNO. Dietrofront sulla Robin Hood Tax. Grazie alla “donazione“ fatta da Eni che sarà quasi certamente seguita da Enel, con 200 milioni di euro a testa, i petrolieri non piangeranno più come avrebbe voluto il ministro dell’economia Giulio Tremonti e si attiverà ugualmente la “social card”.
Ad essere fiscali, quella di Eni non sarà neppure una donazione, ma una sorta di scambio con uno dei propri azionisti, il ministero del Tesoro, dato che in cambio Eni ottiene la soppressione dell’acconto di novembre sulle royalties degli impianti di estrazione di idrocarburi.

Una sonora bocciatura su quello che resta della manovra di Tremonti che voleva “veder piangere petrolieri e banchieri”, ovvero la parte destinata a ridurre gli utili bancari è arrivata dal governatore Draghi, che al pari di quanto sarebbe accaduto se la tassa fosse rimasta anche a carico dei petrolieri, sottolinea che a ripagare sarebbero i consumatori (in questo caso i correntisti).

Ma questo ha poca importanza. Quello che conta per il ministro Robin Hood è potersi presentare agli elettori con in mano la social card (che comunque vedrà destinarsi una minima parte di questi introiti) ed incassare ancora qualche altro punto di consenso: non è un caso che ha risposto a Draghi che è meglio tassare i bancari che non i salari. Quello che conta è quanto appare al primo impatto. Non tanto la sostanza.

Non importa evidentemente nemmeno ai (sempre meno) potenti del G8 che hanno chiuso il vertice in Giappone, il fatto che alla fine dei conti la loro riunione sia stata del tutto inutile epriva di qualsiasi decisone concreta.

Nemmeno l’accordo farsa della riduzione del 50% delle emissioni della C02 (traguardo già troppo lontano perché gli effetti dei cambiamenti climatici non siano considerati irreversibili) è alla fine andato importo. Bocciato dai paesi che prima di vedersi coinvolgere in impegni sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica vogliono vedere che i paesi che sino ad ora hanno inquinato facciano i primi passi. L’unico accordo raggiunto è sul fatto che i «il cambiamento del clima è una delle grandi sfide globali dei nostri tempi», come se ci fosse ancora bisogno di ribadirlo!

Poi l’accordo vero è quello di non fissare nessuna scadenza, di continuare a combattere questa sfida ognuno a modo suo come ha sempre sostenuto il principale inquinatore, gli Usa, (e quindi di non fare granchè, come indicano i livelli di emissione che sono cresciuti e non certo diminuiti nemmeno dalla ratifica del protocollo di Kyoto) e rimandare tutto al 2009 a Copenaghen, per i negoziati che sotto l’egida dell’Onu dovrebbero fissare il Kyoto post 2012.

Quello che passa (almeno su alcuni media) è che “finalmente c’è stata una prima intesa globale” ; poco importa se quella intesa ha deciso di non decidere niente. Come se fosse il male minore.
Come evidentemente poco importa che l’annuncio, anche questo uscito dal G8, di un piano di mille centrali nucleari da realizzare in tutto il mondo, sia nei fatti e concretamente un progetto irrealizzabile perché avrebbe bisogno di quantità di uranio come combustibile difficilmente recuperabili nei giacimenti presenti su tutto il globo. Per non parlare delle quantità di scorie cui trovare luoghi di stoccaggio in sicurezza.

L’importante è ancora una volta l’effetto annuncio. Quello che appare e si vuole fare apparire. Rimanendo in superficie, tacendo nei fatti la sostanza di quanto viene annunciato e senza andare a vedere quali sono le conseguenze delle azioni annunciate; così agendo infatti, si può sostenere che il vertice del G8 in Giappone è stato un successo perché ha trovato un accordo sul clima ed ottenere l’effetto che il G8 sia ancora un organismo (se mai lo è stato) in grado di gestire i problemi planetari con sufficiente coraggio e determinazione.

Insomma siamo arrivati al punto che per governare sembrerebbe sufficiente annunciare qualche bella soluzione e trovare qualcuno disposto a crederci: non ha importanza se quanto annunciato o non è realizzabile o potrebbe produrre ancora più danni che non fare niente. L’importante è dirlo. Come, appunto, ha fatto Tremonti con la Robin Hood tax e la social card.

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