[08/07/2008] Comunicati

´Partecipazione´? No, partecipazione

FIRENZE. Le parole pesano come pietre. E quindi la partecipazione è ormai pietra miliare delle politiche territoriali, infrastrutturali, energetiche, perlomeno a livello di intenti o, più prosaicamente, di chiacchere. Ci sono metodologie sperimentate, c’è ormai una sia pure pionieristica letteratura accademica, esistono leggi ad hoc, come la legge 69 della regione Toscana approvata a fine 2007, e per certi versi anche la stessa legge regionale 1/2005 sul governo del territorio. Esistono direttive europee (in particolare, ma non esclusivamente, 2001/42 e 2003/35), e sappiamo bene quali siano gli obiettivi di governance che le stesse Nazioni Unite (Agenda 21, Rapporto Onu sulla povertà) hanno associato al percorso verso la sostenibilità.

Eppure, ancora con queste virgolette. Ancora, cioè, con questa percezione approssimativa - o peggio parodistica - delle pratiche partecipative: da una parte chi si appropria “dal basso” delle istanze di partecipazione e fa di essa un pretesto per bloccare ogni forma di scelta (cioè di politica territoriale). Dall’altra chi crede che l’unica politica possibile sia quella di prendere le decisioni, cioè di pianificare il territorio, all’interno di una stanza, senza un preventivo confronto con gli stakeholders.

Infrastrutture imprescindibili che vengono disegnate su un tavolino, per poi rivelarsi irrealizzabili davanti all’ostilità del territorio che le deve accogliere. E vai con i militari a presidiare le discariche, e vai con la criminalizzazione delle tematiche di protezione, delle istanze di sostenibilità. E vai con chi, puntando in sostanza alla sola difesa del proprio giardino, si appropria indebitamente della qualifica di “ambientalista”, gettando peraltro benzina nel fuoco di un dibattito mediatico che più aprioristico e ideologizzato non potrebbe essere.

E vai con chi, davanti alla cronica incapacità della politica nazionale di prendere decisioni scomode, addebita alle politiche di protezione e salvaguardia tutte le colpe del (presunto) mancato sviluppo infrastrutturale del paese e della regione Toscana. Chi additerebbe come “Nimby” anche la difesa dell’habitat dell’unicorno.

Torna all'archivio