[04/07/2008] Consumo

Addio all´economia... se si lascia agli economisti

LIVORNO. Il prezzo del petrolio continua la sua interminabile (così appare) ascesa, seguito a ruota da tutte le materie prime alimentari e non. Il ministro saudita ha sottolineato ieri l’allarme sulla tenuta della crescita mondiale, a causa della crisi che partita dall’America è arrivata ormai in Europa e i cui effetti si fanno già sentire, anche in Spagna, dove nel secondo trimestre di quest’anno la crescita è rimasta allo zero. Il presidente della Bce, Jan Claude Trichet, additando il problema dei «prezzi abnormi» ma non riconoscendone una causa dovuta all’aumento del prezzo delle materie prime quanto piuttosto inflattiva, ha deciso di aumentare di un quarto di punto il prezzo del denaro (per la gioia dei possessori di mutuo a tasso variabile), al contrario di quanto era stato fatto negli Usa e di quanto in molti avrebbero preferito anche in Europa. Siamo alla recessione? Ancora no, si affrettano tutti quanti a dire, nessuno è, però, in grado di giurare che recessione non ci sarà.

«Se è recessione non ha fretta» scrive Fabrizio Galimberti sul Sole24 ore di oggi, analizzando la crisi americana. «La forza dei consumi delle famiglie, stimolata dai rimborsi fiscali, manterrà l’attività in territorio positivo», ma cosa succederà – si chiede Galimberti «se il resto del mondo, che finora ha sostenuto le esportazioni americane mantenendo decenti ritmi di crescita, dovesse rallentarsi vistosamente?».

La speranza per gli Usa e per il resto del mondo è riposta - dal giornalista del quotidiano economico - nel fatto che l’economia americana si riprenda grazie «alla buona capacità finanziaria delle imprese, al sostegno della politica economica, alla flessibilità del suo mercato del lavoro e alle occasioni d’investimento offerte da una innovazione tecnologica e manageriale che ignori i colossi smorti della congiuntura».

Ma c’è un´altra questione che viene posta invece dal neo presidente russo Dmitrij Medvedev che sottolinea il fatto che «non possiamo andare avanti gli uni senza gli altri», allinenandosi a quanto aveva detto già la premier tedesca Merkel al vertice di Heilingendamm, lo scorso anno. E denuncia con questo, il premier russo, il fatto che troppo spesso si pensa di fare i conti senza i Paesi che hanno dimostrato negli ultimi anni di avere economie molto più grintose e rampanti di quelle delle vecchie potenze dell’economia mondiale. Economie che stanno mettendo in crisi la stabilità economico finanziaria delle vecchie potenze in assenza – denuncia ancora Medvedev - di organismi in grado di esercitare una governance a livello globale in modo da ristabilire i giusti equilibri. Dato che quelli esistenti hanno mostrato ormai le corde.

Osservazione sacrosanta. E’infatti ormai sotto i riflettori da tempo questo tema della obsolescenza disfunzionale degli organismi internazionali; Fao, Onu, Banca Mondiale, Fmi, persino l’Opec non è più in grado di esercitare quel ruolo egemone sul fronte petrolifero che aveva un tempo.

Quello che non compare in nessuna riflessione a qualsiasi livello avvenga è il fatto di interrogarsi sulla banale radice di queste dinamiche: ovvero sul fatto se il "capitale naturale", di cui il sistema economico non è che una risultante, sia ancora in grado di rispondere alle eccessive sollecitazioni cui è sottoposto o se siamo invece all’allarme rosso. In altre parole se come in molti ancora pensano (o fanno finta di credere) le risorse del pianeta debbano essere considerate come illimitate o se invece, come del resto segnalano anche i dati del Millennium ecosystem assessment, siamo davvero molto avanti sul loro depauperamento. Eppure il rapporto è stato fatto sotto l’egida dell’Onu e pubblicato già da qualche anno (maggio 2005).

Non solo, il Millennium ecosystem assessment ha delineato per la prima volta lo stato degli ecosistemi non soltanto dal punto di vista delle descrizioni delle perdite e delle catastrofi incombenti, ma ha descritto cosa significano queste perdite relativamente ai servizi che rendono agli ecosistemi, il costo aggiuntivo che sottende alla loro erosione, non solo quindi quello determinato dalla loro perdita. Un tentativo cioè di legare il rapporto che esiste tra economia e ambiente e di evidenziare, appunto, come l’economia sia sottostrutturata (e non il contrario) ai sistemi naturali. E’ da questo che, possiamo dire, sia poi scaturito il rapporto Stern, che ha messo in evidenza dal lato economico l’importanza di intervenire sul capitale naturale (il pianeta sottoposto al surriscaldamento climatico) per evitare un enorme dispendio di risorse economiche dovendo poi riparare i danni che si avrebbero in mancanza di interventi subitanei. Ma nessuno sembra più ricordare – non il Millennium ecosytem assessment (nemmeno l’Onu che lo ha commissionato), ma neanche le cifre impressionanti del rapporto Stern. E figuriamoci il più recente rapporto dell´Ipcc.

Facciamo ogni sforzo ma... risulta difficile anche appellarsi all’«ottimismo della volontà» di fronte alla sparizione, anche, del «il pessimismo della ragione».

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