[02/07/2008] Energia

Il ´dimenticato´ congresso petrolifero di Madrid e il presente energetico disuguale

LIVORNO. Il diciannovesimo congresso mondiale sul petrolio (Wpc) che è iniziato domenica a Madrid, non ha riscosso grande audience nelle stampa italiana, eppure ha all´ordine del giorno il futuro dell´energia del pianeta e lo sfondo fiammeggiante dei prezzi del greggio che salgono.

Si tratta del più importante summit del settore petrolifero, che ogni tre anni riunisce i dirigenti mondiali delle industrie del settore e a Madrid sono presenti 4 mila esperti e dirigenti di multinazionali ed uomini politici che partecipano a quelli che sono stati ribattezzati "le olimpiadi delle industrie del gas e del petrolio".

Una riunione importante perché arrivata ad appena una settimana dal fallimento del summit di Gedda, in Arabia Saudita, dove non si è riusciti a porre un freno al prezzo del petrolio, anche se i padroni di casa hanno aumentato la loro produzione di oro nero.

A Madrid sono presenti il presidente dell´Opec Chakib Khelil, il direttore dell´Agenzia internazionale dell´energia Nobuo Tanaka, ma soprattutto ci sono i rappresentanti delle grandi compagnie che decidono i destini petroliferi del pianeta: ExxonMobil, BP, Shell, Rosneft, Total, Cnooc.

Anche a Madrid lo scontro è fra produttori e fornitori, con i secondi che accusano i primi di far lievitare i prezzi con forniture insufficienti, mentre i produttori danno la colpa alla speculazione ed al deprezzamento del dollaro.

Il congresso che termina domani ha affrontato anche la matassa di problemi collegati all´industria petrolifera: approvvigionamenti, esplorazioni, accessibilità e marketing dopo la concessione delle riserve petrolifere, uso delle risorse idriche, biocarburanti, qualità del carburante per le auto, sicurezza degli impianti, geopolitica e impatto della protezione dell´ambiente sull´industria petrolifera (sic!), responsabilità ed attese sociali.

Secondo un comunicato del Wpc «La sfida dell´industria in un mondo in transizione è quella di assicurare un approvvigionamento continuo, affidabile e ad un prezzo abbordabile e di rispondere alle attese della società in maniera sostenibile, trasparente, etica e favorevole all´ambiente», buone intenzioni che raramente abbiamo visto mettere in opera.

Un punto di vista interessante è quello di uno dei nuovi giganti dl petrolio, la China National Offshore Oil Corporation (Cnooc), secondo il cui presidente Fu Chengyu «Il principale motore del rialzo dei prezzi del petrolio, che lunedi ha raggiunto i 143 dollari al barile, è l´inquietudine per i fondamentali, che sono la domanda e l´offerta del petrolio per il futuro. La debolezza del dollaro e l´instabilità geopolitica sono state utilizzate dagli speculatori per far salire il prezzo del petrolio. Solo i mercati emergenti hanno bisogno di 20 milioni di barili al giorno, è il 25% della produzione attuale. L´inquietudine è più forte che mai e riguarda la sicurezza energetica. Il consumo mondiale è aumentato dell´1,5% all´anno dopo il 1996».

A pagare il prezzo più alto potrebbero essere proprio la Cina e l´India, in piena industrializzazione, che ora sono viste come quelle che consumano troppo (e peggio) rispetto ai Paesi già industrializzati.

Secondo l´Ocse ogni abitante dei Paesi sviluppati consuma 17 barili di petrolio all´anno, mentre un cinese ed un indiano ne consumano meno di uno e un cinese 2,1.

Secondo Fu «il calo contino della produzione di questi ultimo anni è dovuto ad incidenti geopolitici ed a protezionismo. L´intervento di ambieni politici americani, quando noi abbiamo cercato di acquistare una compagnia petrolifera americana, ha dato un cattivo esempio al resto del mondo»..

La Cnooc, fondata nel 1983, è diventata il braccio armato del governo di Pechino per il gas ed il petrolio, diventando il più grande produttore petrolifero offshore del Paese, con un capitale di 13, 8 miliardi di dollari.

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