[02/07/2008] Urbanistica

Ferruzza (Legambiente) alla rete dei comitati: Concentriamoci sui veri nemici

Nel corso dell’assemblea delle rete dei comitati, Asor Rosa ha parlato di “neoambientalismo”, di una rete nata per andare contro tutti i localismi e contro il Nimby. Ma se togliamo dal capitolo Nimby le 109 emergenze proposte dai comitati, cosa resta di Nimby in Toscana? Abbiamo rivolto questa domanda a Fausto Ferruzza, direttore di Legambiente Toscana.

«Io credo che il problema non consista tanto nel demonizzare la sindrome “non nel mio giardino”, quanto nel discernere attentamente quali siano le cause giuste per le quali battersi. E sulle quali concentrare attenzioni, energie, risorse politiche ed intellettuali. In questo senso, mi pare che l’istinto (un po’ ecumenico per la verità) della Rete neoambientalista sia quello di compendiare indistintamente tutto ciò che “si muove” sul territorio toscano. A scapito dell’omogeneità e della chiarezza stesse del messaggio politico che alla fine (anche al di là delle più lodevoli intenzioni) dalla Rete promana. Da questo punto di vista, l’intero movimento ambientalista, in questa delicatissima fase storica del nostro Paese, credo che debba piuttosto interrogarsi sugli obiettivi di fondo che intende perseguire. Dichiarando in modo limpido con quali possibili “alleati” e con quali probabili “avversari”. In questo senso, non vorrei che si concentrasse l’attenzione sulla pagliuzza dimenticando la trave. Fuor di metafora, penso che il vero “nemico” sia oggi il sistema petrolio, il ritorno (assurdo e antistorico) del nucleare, l’assurda inclinazione a mercificare il territorio con consumi di suolo assolutamente insensati. Tutte cose che hanno un unico paradigma metapolitico alle spalle: la negazione della sostenibilità come precondizione dello sviluppo …

La Rete sostiene ad esempio di battersi contro gli impianti energetici obsoleti e di essere a favore delle energie rinnovabili. In realtà, tra le 109 emergenze non c’è neppure un impianto energetico obsoleto (vedi per esempio le centrali ad olio combustibile di Piombino e Livorno) ma in compenso ci sono tutti i parchi eolici. Che ne pensa?

«Questa è in effetti una delle incongruenze più clamorose. Pur nel rispetto delle opinioni altrui, penso che la causa ambientalista nella sua generalità, abbia molto da perdere se continua a dare di sé un’immagine così conservatrice. Mi chiedo come si possa stigmatizzare il comportamento di amministrazioni come quella di Monteverdi Marittimo, dove l’89% della popolazione residente si è dichiarata favorevole agli impianti eolici e dove sostanzialmente in pochi anni (anche grazie ad un buon uso della risorsa geotermica) ci si è affrancati dalla dipendenza da fonti fossili, mentre si dice poco o nulla della ricetta Scajola (nucleare, Gnl ed energia da rifiuti!)… Sposare il paradigma della sostenibilità dello sviluppo implica necessariamente delle scelte. Impietose e cogenti. Sì alla promozione delle fonti rinnovabili, sì alla bioarchitettura nei recuperi urbani, sì alle tramvie e alla ciclabilità urbana, no a nuovi consumi di suolo vergine, no al nucleare, no al petrolio, no agli ecomostri».

La trasposizione mediatica dell’assemblea è diventata quasi esclusivamente un riferirsi alla febbre del mattone, anche se in realtà le emergenze indicate nella mappa approntata e riconducibili all’edilizia arrivano forse al 20-30 % del totale…

«Appunto. Voglio essere chiaro su questo. L’alleanza con la Rete dei Comitati sul merito di tante battaglie a tema urbanistico non è in discussione. Vi sono molti casi in Toscana dove la collaborazione è stata, è e continuerà ad essere stretta ed amicale. Nel rispetto dei ruoli di ciascuno. Ivi compreso il ruolo degli interlocutori istituzionali, coi quali si deve e si può (per quanto ci riguarda) intessere un’interlocuzione serrata e vertenziale ma mai irriguardosa. Anche perché, se proprio dobbiamo dirla tutta, nella storia della concertazione generale con la Regione Toscana, non c’è mai stato un interlocutore più attento dell’attuale Governo Martini».

Non crede che il nodo centrale alla fine sia chi decide e come decide. E che l´operazione di coniugare istanze “locali” con decisioni “centralistiche” , ammesso che sia possibile, rischia di essere un propulsore potente per la politica-marketing?

«Su questo fronte, mi pare non rimandabile l’apertura di una riflessione tra mondo ambientalista, istituzioni e saperi tecnici. Una riflessione che dovrebbe prendere spunto (per quanto ci riguarda) dalle seguenti domande. Nella società liquida e globalizzata del nostro tempo, è possibile circoscrivere ed esaurire nel solo circuito della democrazia elettiva l’istanza della partecipazione? E ancora: in che termini un interesse (pur forte, popolare e persino numericamente prevalente a livello locale) può con buona approssimazione dirsi “interesse generale”? E infine: con quali esperienze concrete di leale collaborazione tra soggetti (istituzionali e non) è oggi possibile “certificare” il percorso tortuoso e mai banale della cosiddetta “democrazia argomentativa”? In altre parole, non mi stancherò mai di ripeterlo, occorre che ciascun nodo del processo democratico (istituzioni, associazioni, comitati, cittadini), prima di fornire risposte facili, s’interroghi oggi sulle nuove enormi responsabilità e sull’incredibile gamma di diritti/doveri verso cui la società della conoscenza (globalizzata ed interdipendente) ci spinge ad interagire. Sapendo bene che un percorso decisionale “partecipato” aiuta il decisore, ma che il decisore ha alla fine il diritto/dovere di decidere.

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