[01/07/2008] Energia

Sarà il nucleare iraniano a portare il petrolio a 200 dollari al barile?

LIVORNO. Dopo che la Repubblica popolare di Corea (Rpdc) ha distrutto una torre di raffreddamento di 30 metri di altezza, del suo primitivo e pericoloso complesso nucleare di Yongbyon (tenuto in piadi con l´aiuto dei compagni cinesi e la tecnologia contrabbandata dal filo-occidentale Pakistan), il regime stalinista-dinastico dei Kim è stato immediatamente perdonato e non è più considerato canaglia, avrebbe dato la prova, preso per fame ed isolamento, della sua determinazione a mettere fine a tutte le attività nucleari.

I media occidentali i sono immediatamente buttati a fare paragoni con la situazione di un altro "stato canaglia" che turba i sogni politici ed energetici del mondo: l´Iran, che starebbe sviluppano il nucleare civile che tanto piace a Sarkozy ma potrebbe così avere a disposizione quel che hanno già Sarkozy, Bush, Putin, Brown ed un altro bel mucchio di Paesi: il materiale per fabbricare la bomba atomica.

Mentre si susseguono gli avvertimenti ed Israele dice esplicitamente di scaldarsi i muscoli per un probabile attacco preventivo sulla centrale atomica iraniana, il portavoce del ministero degli esteri di Teheran, Mohammad-Ali Hosseini, ha detto oggi all´agenzia ufficiale Irna che «Le attività nucleari dell´Iran non sono paragonabili ad altre in ragione della loro natura pacifica. Ogni paragone tra le attività nucleari della Repubblica islamica dell´Iran e quelle di altri Paesi è irrazionale e motivato politicamente. Il programma nucleare iraniano è sotto la sorveglianza costante dell´Agenzia internazionale per l´energia atomica. Le attività nucleari dell´Iran sono state applicate conformemente al Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Nessuna mancanza agli obiettivi non pacifici è stata evocata in tutti i rapporti pubblicati dall´Iaea».

Mentre la stampa Usa svela le infiltrazioni di commandos americani in Iran, il Paese degli Ayatollah è preoccupato per i venti di guerra che soffiano nel Golfo Persico e dal Bahrein arriva un altro avvertimento Usa, il vice ammiraglio Kevin Cosgriff, ha detto minaccioso al Bahrain Tribune che «Non lo bloccheranno perché non saranno autorizzati. Non permetteremo a nessuno di ostacolarci»

La settimana corsa il capo dei Guardiani della Rivoluzione, Mohammad Ali Jafari, aveva detto al giornale Jame Jam che, in caso di attacco Usa e Israeliano, l´Iran avrebbe bloccato lo stretto di Ormuz e preso il controllo di ogni transito marittimo.

Secondo Cosgriff, non ci sarebbe «alcuna ragione di un attacco di Tsahal (l´esercito israeliano ndr) contro Teheran in un prossimo futuro».

Ma l´esibizione di muscoli preoccupa non poco gli altri Paesi del Golfo. L´agenzia stampa del Kuwait, Kuna, riporta le allarmanti previsioni di Saad Ali Al-Shuweib, il direttore dell´organizzazione petrolifera del Kuwait: «la recente tensione tra Washington e Tel Aviv da una parte e Teheran dall´altra pate, ha provocato un rialzo senza precedenti dei prezzi del petrolio che hanno superato il 142 dollari al barile. Tutte le iniziative militari intraprese, non importa da quale delle parti, avrebbe per conseguenza una crisi energetica mondiale. Con la minima tensione militare, il prezzo del barile raggiungerà i 200 dollari. L´Iran fornisce 3 milioni di barili al giorno, e in caso di tensione nella regione, il mondo si vedrebbe privato di una parte della produzione petrolifra».

Un´opinione condivisa dall´ex ministro del petrolio del Kuwait, Issa Al-Own: «Se il prezzo del barile è aumentato di 50 dollari in due anni in tempo di pace, raggiungerà immediatamente i 200 dollari al minimo in caso di guerra».

Secondo un altro esperto del mercato petrolifero, Talal Al-Bazali, «viste le circostanze obiettive, senza che la guerra sia dichiarata, il barile arriverà a 175 dollari entro la fine dell´anno. In caso di dichiarazione del conflitto, sarà difficile predire quale livello potrà raggiungere».

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