[01/07/2008] Urbanistica

Firenze e la sua crescita secondo Confindustria: appalti, cemento, rendita

FIRENZE. Qualcuno si è spinto a dire che dall’assemblea di Confindustria fiorentina (25 giugno) emergerebbero le idee di una trasformazione profonda della città»; c’è di tutto e di più: dalla Firenze “Davos” dei beni culturali, alla seconda pista per l’aeroporto di Peretola, alla metropolitana per l’area vasta, passando per la terza corsia dell’A11, ecc. Nel merito sono tutte questioni da discutere, condivisibili o meno,ma quello che non emerge è proprio una idea di trasformazione della città e soprattutto in funzione di chi e di che cosa che non siano gli interessi di una categoria. O meglio un’idea c’è ed è quella dell’apertura di decine di cantieri (ricompare persino il mitico “tubone”, circonvallazione nord-est sotto le colline) il cui fine non pare tanto la soluzione dei problemi della mobilità e dei trasporti in senso sostenibile e la riduzione dell’incredibile traffico privato, quanto piuttosto un aumento dello stesso (terza corsia A11 e circonvallazione nord-est).

Soprattutto c’è la previsione di tanto denaro pubblico per la crescita economica, sia in termini di appalti, che di rilancio della rendita e della speculazione sostenute da queste opere che non risolvono ma aggravano i principali problemi della città. Infatti il suo sviluppo è soffocato proprio dalla rendita e stritolato dalla congestione del trasporto privato oltreché dalla saturazione ormai raggiunta dell’urbanizzato che nega gli spazi di vita, la qualità delle relazioni, lo sviluppo della conoscenza e la qualificazione del lavoro, la crescita della ricerca e del rapporto tra questa e le attività produttive e di servizio.

Com’è che gli industriali fiorentini non si battono e non si impegnano per la nascita di imprese di ricerca (in un rapporto sinergico tra pubblico e privato) capaci di stare sul mercato attraverso lo sfruttamento in proprio o la vendita di brevetti sul versante dell’innovazione in tutti i campi delle tecnologie più avanzate, comprese quelle delle fonti energetiche rinnovabili, dell’agricoltura sostenibile, della tutela della salute, ecc.?

Per far questo non c’è bisogno né di nuovi immobili né di “tuboni” o terze corsie, ma del concorso di tutti alla creazione di un clima di rinnovamento dei modi di fare ricerca, cultura, sistema e reti della conoscenza e dell’informazione. Non c’è bisogno nemmeno della seconda pista dell’aeroporto di Peretola, anzi, a rigor di logica, non c’è bisogno proprio dell’aeroporto, ma di ripristinare un sistema efficiente di collegamento ferroviario (o metropolitano d’area vasta: questa sì per davvero che va da Firenze a Pisa/Livorno) con l’aeroporto di Pisa, nell’interesse di Firenze e di tutta la Toscana (che è ormai diventata quel distretto complesso di cui parla il Pit della Regione Toscana).

L’unica idea possibile di città è quella di lavorare per una dimensione urbana sostenibile in un contesto di relazioni e sviluppo europeo. Ma qui il discorso cade sulla politica, presente in quell’assemblea di industriali come amministrazioni, ma non come tale, che occorrerebbe capace di proposte concrete in grado di offrire alternative credibili e praticabili di carattere economico, sociale, ambientale rivolte a tutte le categorie di cittadini, non appiattita sui singoli interessi, ma capace di costruire insieme uno sviluppo nuovo e qualificato della città e dell’area fiorentina. Occorre una rinnovata capacità della politica di saper andare oltre i singoli interessi in una visione concreta dell’interesse collettivo che muove dalla capacità di saper riconoscere e interpretare i bisogni, non per appiattirsi su di essi, ma per orientarli in questa nuova durissima divisione internazionale del lavoro e dei capitali.

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