[25/06/2008] Consumo

Tonno rosso e pesca illegale, la difficile rotta dell’Ue tra quote, pescatori e Fao

LIVORNO. Oggi sul tavolo del Consiglio europeo dei ministri dell’agricoltura e della pesca in corso a Lussemburgo arriva il tema scottante della pesca, ad iniziare dal caro gasolio, passando per la chiusura anticipata della pesca del tonno rosso, per arrivare alla proposta di regolamento contro la pesca illegale. I ministri discuteranno anche di due proposte di regolamento: armonizzazione delle procedure e obblighi internazionali per le licenze di pesca al di fuori delle acque comunitarie; protezione contro gli impatti dannosi delle reti a strascico sugli ecosistemi marini vulnerabili in alto mare. E’ prevista anche l’approvazione della modifica del protocollo di pesca Ue/Mauritania.

Ma è soprattutto il tonno rosso a tenere banco, infatti, il Consiglio, a maggioranza qualificata, potrebbe rivedere la decisione della Commissione europea contestate da Francia e Italia (che pure aveva accettato le quote Iccat) che intendono contestare la chiusura anticipata della campagna. Infatti, Dopo che la Commissione Ue ha dato davvero chiuso il 16 giugno la pesca al tonno rosso per Francia, Italia, Grecia, Cipro e Malta, così come previsto in caso di superamento delle quote di cattura, è scoppiata una vera e propria guerra delle cifre m con i produttori che contestano i dati dell’Ue, mentre la Commissione europea dichiara il raggiungimento delle quote, in particolare, per l’Italia, che con 8 tonniere con ciancioli avrebbe superato 100 al 240% e avrebbe anche utilizzato illegalmente 8 aerei da ricognizione per catturare i tonni.

Le pressioni del mondo della pesca sono forti e Ettore Lanì, presidente della Lega Pesca, ricorda «La gravità delle ripercussioni sociali ed economiche che lo stop anticipato della pesca causerà inevitabilmente sul comparto tonniero italiano rende quanto mai urgente dirimere ogni dubbio con il ricorso ad un confronto su dati certi ed inequivocabili. Riteniamo un atto dovuto il chiarimento definitivo di questo ballo di cifre nel prossimo Consiglio pesca a Lussemburgo. Siamo di fronte ad una categoria già al centro della crisi per il caro gasolio, che ha già subito e subirà sempre maggiori limitazioni internazionali, peraltro non sempre pienamente rispondenti a quegli obiettivi di tutela, che tutti condividiamo: il rischio è che di fronte a tali decisioni non motivate gli operatori possano percepire, se non subire, la perdita dello stato di diritto».

Le discussione è doppiamente delicata perché riguarda sia il rispetto di quote sottoscritte dal governo italiano sia la pesca illegale per la quale a Lussemburgo si dovrebbe raggiungere un accordo politico sulla proposta di regolamento che stabilisce un sistema comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale e che dovrebbe contenere una lista nera di navi illegali, sistema di rilascio di certificazioni per l’import da Paesi terzi. Non sembra invece esserci ancora accordo sulle sanzioni amministrative in caso di infrazioni gravi.

Intanto dalla Consultazione tecnica della Fao in corso a Roma, arriva la richiesta di un milione di dollari per sostenere i paesi in via di sviluppo a negare il diritto d’approdo alle imbarcazioni che praticano la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Iuu). Il vice direttore generale della Fao per il settore pesca, Ichiro Nomura, ha detto durante un incontro con i paesi donatori che «Nei paesi in via di sviluppo la pesca è molto importante per la sicurezza alimentare delle famiglie, per migliorarne la nutrizione e fornire un reddito. Con l’attuale aumento dei prezzi alimentari e con la crescente preoccupazione per lo stato di alcuni stock marini, non possiamo permetterci che la pesca illegale abbia ripercussioni sulle condizioni di vita di queste comunità».

Il finanziamento dovrebbe consentire di mettere in piedi nei vari Paesi attività di controllo della documentazione, delle catture e delle attrezzature quando le imbarcazioni attraccano per rifornirsi di carburante e caricare provviste o scaricare il pescato, e la richiesta alle imbarcazioni di un rapporto sull’attività svolta prima di entrare nel porto.

«A tutte le imbarcazioni coinvolte nella pesca illegale si dovrebbe negare il diritto d’attracco – spiega una nota della Fao - comportando un danno economico per i proprietari. Misure di questo tipo rappresentano il modo più efficace per impedire l’importazione, il trasbordo o il riciclaggio del pescato catturato illegalmente».
In Paesi in via di sviluppo non riescono a contrastare la pesca illegale a causa della limitatezza di risorse a disposizione e di competenze specifiche per vigilare sulle attività di pesca e quindi diventando facile obiettivo dei pescatori illegali perché rappresentano comodi punti d’entrata per la pesca illegale.

«Questi paesi hanno bisogno di essere informati sulle pratiche più efficaci con corsi di formazione a livello regionale per il personale addetto che consentano di condividere le informazioni sui trasgressori e coordinare gli interventi - ha detto Nomura – E’ in crescita il consenso verso l’adozione nel prossimo futuro di un accordo internazionale vincolante che regolamenti le misure del porto d’approdo basato sullo Schema Modello proposto dalla Fao».

Fino ad oggi la Fao ha organizzato 5 workshop regionali sulle misure di controllo nel porto d’approdo: Pacifico, Oceano Indiano, Mediterraneo, Africa australe e sudest asiatico. «Questi workshop – spiega Nomura - hanno dato a paesi che per anni hanno lottato contro il problema della pesca illegale, nuovi strumenti che stanno già utilizzando per fermare questo problema”. Per continuare questo impegno e riuscire a coprire il mondo intero sono necessarie risorse per 1 milione di dollari, ed è per questo che facciamo appello all’aiuto della comunità internazionale».

Contro la pesca illegale, la Fao chiede un accordo internazionale giuridicamente vincolante che obblighi le parti ad applicare delle normative minime comuni riguardo le misure di controllo nei porti d’approdo. Una necessità di uno strumento vincolante è stata ampiamente riconosciuta a livello internazionale, in particolare dall’Assemblea generale dell’Onu e dalla Commissione pesca della Fao.

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