[24/06/2008] Acqua

Niente di nuovo sotto il sole: l’Artico che si scioglie è una notizia da ombrellone?

LIVORNO. Dopo che su molti quotidiani si erano esercitati fino agli ultimi giorni della appena passata primavera, fredda e piovosa, a decretare la fine ingloriosa della “eco-bufala” del global warming, sono bastati due giorni di normale caldo afoso di inizio estate per resuscitare con clamore lo scioglimento dei ghiacciai artici e il destino irreparabile degli orsi bianchi vittima dello stesso global warming ridiventato minaccia planetaria. L’occasione l’hanno data un gruppo di ricercatori che da un rompighiaccio canadese stanno seguendo per il National Geographic la situazione dei ghiacci marini del Polo e preconizzano che saranno scomparsi completamente durante quest’estate.

La notizia è rilanciata con un clamore che non si riserva di solito a ricerche scientifiche sostenute da un giornale a grande impatto mediatico mondiale come il National Geographic, è come se l’informazione italiana avesse costantemente bisogno di specchiarsi solo in notizie clamorose che vengono da altri media, risparmiandosi troppo spesso la fatica di ricorrere a fonti scientifiche “difficili”, magari agli scienziati italiani che lavorano da anni in Antartide (malpagati ed insicuri del loro futuro), con brillanti risultati, a ricerche sul clima globale, ed ai quali si da un po’ di spazio solo quando le finanziarie dei vari governi tagliano i soldi per la ricerca.

Lo scenario di drammatica accelerazione dello scioglimento della banchisa polare è infatti noto da tempo, ma a volte ci si dimentica anche delle prove empiriche, anche di quelle di “colore” e pittoresche che vengono da chi il cambiamento climatico lo vede con i propri occhi e lo tasta con la propria esperienza ancestrale: già nel 2007 le comunità inuit avvertivano che stavano sparendo gli orsi mentre aumentavano le orche in mari prima perennemente occupati dai ghiacci e che, negli ultimi tre anni, l´estati erano state più lunghe e gli inverni più corti di qualche settimana, mentre la percorribilità invernale dei ghiacci per viaggi e trasporti era diminuita da 100 chilometri intorno ai 30 per il ritirarsi della banchisa.

E nel 2006 la National science foundation, in una ricerca sponsorizzata dalla Nasa, avvertiva che, mantenendo questo livello di riscaldamento climatico e di emissioni climalteranti, entro il 2040 il polo nord sarà libero dai ghiacci, potrebbe sopravvivere solo una piccola regione di ghiacci perenni lungo le coste della Groenlandia e del Canada: «Abbiamo già riportato le maggiori perdite nel mare ghiacciato, ma la nostra ricerca suggerisce che la diminuzione entro pochi decenni potrebbe essere più drammatica di qualunque cosa successa finora. Questi cambiamenti sono sorprendentemente rapidi». L’accelerazione e la crisi verticale erano dunque già negli scenari degli scienziati che troppe volte vengono trattati come opinioni politiche da usare per sfidarsi sui giornali o per irridere gli ambientalisti. Infatti, secondo quello studio Usa, «mentre il ghiaccio si ritira l’oceano trasporta più calore verso l’Artico e le acque libere assorbono più luce solare, accelerando il grado di riscaldamento e portando ad una ulteriore perdita di ghiaccio. Questo un ciclo infinito ha implicazioni drammatiche per l’intera regione artica».

La Nasa aveva già rilevato nell’inverno 2005/2006, che la superficie del ghiaccio invernale era diminuita del 6% rispetto alla media degli ultimi 26 anni, con una diminuzione prevista del 1,5-2 per cento della copertura invernale per i prossimi 10 anni, il tutto in seguito alla maggiore fusione estiva dei ghiacci mai registrata, «una diminuzione così imponente dei ghiacci che non può essere recuperata nemmeno durante il lunghissimo inverno artico».

Dal 2005 l’Unione Europea studia l’Oceano glaciale artico con il progetto Developing arctic modelling and observing capabilities for long-term environmental studies e comportement (Damocles), per capire le dinamiche di uno scioglimento della banchisa che ha portato ad una perdita di ghiacci marini perenni di 37 mila km2 in una ventina di anni e di un calo dello spessore medio della banchisa 3,1 a 1,8 metri «con un ritmo che porterebbe alla loro sparizione entro questo secolo, con conseguenze incalcolabili sulla circolazione oceanica mondiale». Le prove empiriche di Damocles non mancano: il veliero francese Tara lasciato alla deriva invernale sui ghiacci artici ne è uscito tre volte più velocemente di quanto previsto.

Lo scorso autunno, i ricercatori russi a bordo della nave-laboratorio Akademik Fedorov, che ha preso parte alla spedizione Arktika-2007, hanno detto che «Nell’oceano Artico abbiamo constatato seri cambiamenti climatici aventi carattere globale. Una “pulizia energica” dei ghiacci alla deriva nell’Artico. Questo fenomeno si è prodotto per la prima volta da decenni di osservazione dell’Artico All’inizio di ottobre il mar Artico, ad eccezione del mar di Kara e di una parte del mare di Ciukotka, si ricoprono sempre di ghiaccio».

Secondo gli scienziati russi lo spessore del ghiaccio, si sta riducendo anche là dove si è conservato, con un un rialzo delle temperature nello strato superficiale dell’oceano: «I loro valori vanno da 5 a 7 gradi. Mai abbiamo osservato un tale fenomeno. L’acqua oceanica non è stata mai così calda. Ma la scienza non può ancora prevedere le conseguenze di questi fenomeni. Tutto quello che sappiamo in generale dei processi climatici non ci permette di prevedere con sicurezza la loro evoluzione, anche a breve termine. Se i processi osservati sono irreversibili, le conseguenze possono essere drammatiche».

E’ proprio il caso di dire che purtroppo nell’Artico non c’è niente di nuovo sotto il sole, o forse è proprio il sole estivo a far diventare sui giornali italiani una clamorosa notizia da ombrellone quella che è la conferma di un trend del quale gli scienziati ci avvertono da anni? Per quanto discuteremo ancora dei poveri orsi bianchi esiliati dal ghiaccio per poi tornare in città a prendersela con gli scienziati e gli ambientalisti che vogliono frenare la crescita infinita? Come diciamo spesso a greenreport, nessun pasto è gratis, soprattutto se era congelato nella banchisa polare.

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