[23/06/2008] Parchi

Estinzione delle balene: e se il climate change arrivasse prima dei giapponesi?

LIVORNO. Inizia oggi a Santiago del Cile il sessantesimo meeting dell’International Whaling Commission´s che dovrebbe decidere per l’ennesima volta il destino della caccia commerciale alle balene in quel che si presenta come lo scontro finale tra giapponesi, islandesi e norvegesi (ed i loro interessati alleati) ed il resto del mondo.

Ma i grandi cetacei hanno forse un nemico ancora più grande e spietato, il riscaldamento globale, che potrebbe far loro quel che le baleniere giapponesi non sono ancora riuscite a fare: portare all’estinzione intere specie di cetacei. Secondo i dati dell’Australian antarctic division (Aad) del Federal environment department dell’Australia, pubblicati su “Marine and Freshwater”, i cetacei più in pericolo sarebbero le megattere degli oceani meridionali e le balenottere minori che potrebbero essere decimate via dalla mancanza di cibo causata dall’aumento della temperatura del mare.

Secondo quanto scrivono sul “Marine and Freshwater” i ricercatori dell’Aad, «se la disponibilità del Krill, la base della dieta per le baleen misticeti che filtrano il cibo dall’acqua, fosse deteriorata dai cambiamenti climatici, altre specie di balene potrebbero essere spazzate via. Nell’era del climate change, gli effetti ecologici sulle balene misticeti, e gli effetti dei cambiamenti fisici su questi predatori chiave non possono più essere ignorati. L’abbondanza della loro preda primaria, il krill, può variare drammaticamente nel corso di periodi di tempo relativamente brevi ed i misticeti che si nutrono di Kryll si sono adattati a questa variabilità. Tuttavia, se ci è in gran parte sconosciuto come il cambiamento climatico intacchi entrambi i picchi di distribuzione e/o abbondanza del Kryll, e quindi la portata dell’adattabilità a più lungo termine delle balene, questo comunque rischia di influenzare il loro successo riproduttivo e, in ultima analisi, la loro

Ma gli effetti si potrebbero estendere anche ad altre specie come le foche che si cibano in gran quantità di Kryll, infatti, secondo quanto dice a News.com.au da Anthony Worby, uno degli autori della ricerca, se il ghiaccio intorno all’Antartide si scioglierà come previsto, il Kryll perderebbe il suo habitat naturale e la lotta per la sopravvivenza, «Dato che il Kryll è una parte fondamentale dell’ecosistema dell’Oceano meridionale, che tutte le balene, i pinguini e gli uccelli marini mangiano… c’è evidentemente un interesse crescente per il suo metodo riproduttivo».

Secondo il direttore del Whale research centre dell’università Southern Cross, Peter Harrison, ha detto che lo scioglimento dei ghiacci non sarebbe il giorno del giudizio per le balene ma che «è chiarissimo che questo è un rischio significativo per le specie di cetacei». La biologa marina del Commonwealth scientific and industrial research organisation (Csiro) Elvira Poloczanska pensa che il rischio che le balene muoiano a causa del cambiamento climatico sia «una valida preoccupazione. Non sono sicura che esistano valide alternative alimentari disponibili per le balene dell’Oceano australe».

Secondo la ricerca degli scienziati australiani, l’intera portata dei danni per le balene per il futuro non potrà essere conosciuta prima di diversi anni, ma è proprio per questo che occorre mettersi urgentemente al lavoro per scoprire i suoi meccanismi prima che sia troppo tardi. «Se l’ambiente del ghiaccio marino cambierà in futuro, e se questo sarà associate a cambiamenti nella circolazione oceanica, questo indubbiamente influirebbe sugli ecosistemi dai quali predatori come le balene misticeti dipendono – si legge su “Marine and Freshwater” – Dato il legame tra il ritiro dei ghiacci e la punta riproduttiva nell’Oceano meridionale, è improbabile che questi effetti siano benigni, l’entità e il tipo di questi cambiamenti è difficile da prevedere. Per capire i cambiamenti avvenuti negli ecosistemi dell’Oceano meridionale, in futuro saranno necessari studi integrati, e non solo un po’ di “ingegno”».

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