[20/06/2008] Energia

Basosi: In Italia 7 milioni di scaldabagni...un disastro termodinamico

FIRENZE. Per produrre energia, fatte le dovute differenze tra i diversi metodi, un qualche impatto comunque lo si crea, quindi non dimentichiamo l’assunto che sta a monte del ragionamento: è necessario ridurre i consumi. Questo è quanto ha ribadito Riccardo Basosi (Nella foto), Prorettore all’energia ed alte tecnologie all’Università di Siena durante il suo intervento al convegno “Energia: duemilaventi, l’economia salvata dalle energie rinnovabili”, ed ha aggiunto: «ci vuole maggiore equità anche nella distribuzione energetica. Un abitante dell’America del Nord (6% della popolazione) consuma 62 barili di petrolio in un anno. Un abitante di America Latina, Africa, Asia (71% della popolazione) consuma 3 barili di petrolio l’anno». Qualsiasi commento appare superfluo. Basosi poi si è soffermato su un altro punto importante «è necessario produrre tenendo conto della qualità dell’uso finale dell’energia ed aumentare l’efficienza e la razionalità. In Italia ci sono ancora 7.000.000 di scaldabagni elettrici, un disastro dal punto di vista termodinamico».

Riduzione dei consumi, efficienza, equità di distribuzione ed incremento della produzione da fonti rinnovabili, questa la “filiera” ribadita dagli intervenuti alla giornata di studio voluta da Roggiolani e d’Angelis (rispettivamente, presidente commissione sanità e ambiente in Consiglio regionale).

«E’ necessario avere fiducia nelle fonti rinnovabili - sottolinea Ugo Bardi, chimico all’Università di Firenze e presidente dell’associazione Aspo per lo studio delle risorse - non perdiamo tempo ad evidenziare i limiti del nucleare: è già morto. La tecnologia e le innovazioni nel settore delle rinnovabili è in esplosione per fermarla ci vorrebbe un’azione mirata dal punto di vista politico». Beh in effetti i rischi ci sono, se la Ministra per l’ambiente a braccetto con la presidente di Confindustria vogliono rivedere i parametri e obiettivi di Kyoto, tutto è possibile. Anche perché come sottolineato da Giuseppe Bellandi dell’Università di Pisa le rinnovabili per sfondare hanno necessità di tempi medio-lunghi di informazione selezionata di qualità riportata a livello locale «una rivoluzione culturale che richiami anche i capitali». Soldi quindi, investimenti e supporto politico anche perché «per passare da un’idea innovativa in sede di ricerca, al mercato con impatto significativo sul settore, ci vogliono circa 20-30 anni», informa Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr. Bisogna ridurre i tempi e trovare le risorse per le innovazioni nel settore delle rinnovabili che ne ha bisogno, ma «le grandi società non sono propense all’innovazione - continua Meneguzzo - le banche non finanziano l’innovazione dato il rischio, l’unica speranza viene dalla Pmi (Piccola media impresa) che pare essere disponibile ad investire».

In effetti parole confortanti sono venute da Barbara Gatto della Cna nazionale «al di la delle implicazioni ambientali, la partita si gioca sul mercato. L’Europa in campo energetico ci chiede maggiore efficienza e di investire sulle rinnovabili. Su questo bisogna concentrarci. Anche la Pmi può fare di più ma abbiamo capito che Kyoto può essere un’opportunità e non un costo. Non ha senso ora cambiare rotta». Con le rinnovabili come è successo in Germania si fa impresa di qualità, si guadagna e si crea occupazione. C’è necessità di buona politica che porti a semplificazione e rimozione degli ostacoli normativi (a breve entrerà in vigore un nuovo decreto di attuazione della direttiva 2006/32/CE con importanti novità), di finanziamenti (e le modalità di accesso sono state evidenziate durante il convegno) e di credere nello sviluppo del settore per farlo uscire dalla nicchia anche se non siamo proprio all’anno zero come illustrato dagli esempi virtuosi portai dalle numerose imprese presenti alla giornata di studio.

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