[12/04/2006] Comunicati

Costi ambientali, costi sociali, costi economici

LIVORNO. La prevenzione è l’arma che i medici stanno mettendo a punto per frenare l’epidemia di tumori che negli ultimi decenni ha colpito soprattutto le popolazioni occidentali. La causa, dicono gli esperti, non può essere solo la migliore capacità di diagnosticarne la presenza, ma deve per forza avere una relazione con il peggioramento delle condizioni ambientali.

E la nuova sfida sta nel comprendere in che modo gene e ambiente interagiscono: per esempio perché, a parità di esposizione ai diversi fattori di rischio, alcuni si ammalano e altri no? In questo caso la spiegazione è nascosta nel dna: la cosiddetta suscettibilità genetica, ovvero la tendenza a determinare trasformazioni maligne, è legata probabilmente a fattori ereditari. Ma dire ciò è ben diverso dall’affermare che il cancro è una malattia ereditaria. Senza il fattore esterno, infatti, la persona non si ammalerebbe.

Le strategie di intervento, quindi, si concentrano sull’educazione sanitaria e sul miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, in modo particolare nelle grandi città. Per ora, infatti, è molto difficile modificare un gene alterato o un suo prodotto, ma è molto più semplice bloccare l’azione dell’ambiente su di esso. Nel corso degli anni si è cominciato ad eliminare sostanze come l’arsenico o l’asbesto che provocavano (e provocano ancora fino a che non saranno eliminati del tutto) forme di cancro devastanti nei lavoratori e nei cittadini esposti e si è ridotto il numero dei fumatori. Ora bisognerebbe andare in profondità, sempre secondo gli esperti: controllare la dieta, ma soprattutto aggredire i fattori inquinanti oramai acclarati. Non sembrerebbe un problema di costi, visto che si spendono migliaia di miliardi per curare patologie che potrebbero essere, almeno, drasticamente ridotte, solo adoperando quella «razionalità economica» così esasperatamente evocata quando si discute di bilanci.

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