[20/06/2008] Energia

Le 5 sorelle e il petrolio di guerra

LIVORNO. I marines americani continuano a morire nel deserto irakeno, o a suicidarsi in gran numero al loro rientro in patria, un tributo di sangue ormai scomparso dai notiziari televisivi e nascosto nei trafiletti delle pagine interne dei giornali, ma non dimenticato dai giganti petroliferi mondiali, dalle cinque sorelle rimaste in piedi delle sette presenti al tempo della prima crisi petrolifera.

Exxon Mobil, Royal Dutch Shell, Chevron, British Petroleum e Total, presentano il macabro conto dell’impegno occidentale e passano all’incasso petrolifero, preoccupatissime di escludere dalla spartizione della torta dell’oro nero irakeno chi non ha partecipato (o sostenuto) l’invasione dell’Iraq: russi, cinesi e indiani, che cercano di farsi largo verso i tesori di Bagdad, magari passando per Teheran.

Secondo quanto scrive la rivista Usa BusinessWeek, l’ammontare totale dei contratti petroliferi irakeni, ora che ci si è sbarazzati dell’ingombrante dittatura di Saddam Hussein (per la verità molto disponibile a fare affari con le multinazionali petrolifere), raggiungerebbe i due miliardi e mezzo di dollari, poca roba rispetto ai guadagni che si presentano ed al prezzo del greggio che balza da un record all’altro.

L’Iraq piegato dalla guerra e dall’occupazione e con capacità tecnologiche autonome azzerate, sembra più un discount che un supermercato. Ma l’Iraq degli attentati suicidi è però ancora pericoloso per le compagnie petrolifere occidentali e i loro incontri riservati con Natiq al-Bayati, direttore delle riserve e dello sviluppo dei campi petroliferi del ministero del petrolio dell’Iraq, avvengono nella più tranquilla capitale della Giordania Amman, gonfia fino all’inverosimile della disperazione dei profughi della guerra per l’oro nero, ma buon posto per spartirsi discretamente il suo bottino petrolifero.
Il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, assicura che «Il governo degli Stati Uniti si tiene alla larga da questi colloqui e non ha alcun rapporto con la conclusione dei contratti petroliferi iracheni. Il settore privato, cosciente del potenziale petrolifero enorme del Paese, è interessato dall’Iraq. La prossima conclusione dei contratti per l´estrazione del petrolio irakeno costituisce un buon segno».

Insomma, non ci intromettiamo ma siamo interessati. L’importante è continuare nella finzione della guerra per esportare la democrazia, mentre le cinque sorelle esportano il petrolio, altrimenti sarebbe svelata la vera ragione del sacrificio dei 4.100 soldati americani, dei 313 soldati italiani, britannici e di altri Paesi della santa alleanza per la democrazia di Bush e dei circa 100 mila irakeni uccisi, che non hanno nemmeno diritto ad un titolo di giornale e a una lacrima di coccodrillo. Perché dalle insanguinate sabbie mobili irakene sgorga ancora il petrolio che ha attirato i soldati di Bush e la realtà è che quella che doveva essere una guerra lampo si è trasformata in un nuovo incubo americano che annega nel greggio che balza velocemente verso i 200 dollari al barile.

E oggi la Camera dei rappresentanti ha certificato con 268 voti contro 155 che gli interessi delle 4 sorelle (e la guerra nell’Afghanistan delle rotte del petrolio centro-asiatico) nel 2009 costeranno ancora 165 miliardi di dollari ai contribuenti americani, e senza fissare un calendario di ritiro dall’Iraq, con un passo indietro rispetto al calendario di ritiro, votato solo nel maggio scorso, che il governo Bush avrebbe dovuto attuare.

Davanti alla crisi energetica mondiale i soldati Usa liberatori devono giocoforza trasformarsi in guardiani dei 115 miliardi di barili di petrolio che aspettano di essere risucchiati dal sottosuolo irakeno, tenere aperta la strada alle multinazionali petrolifere per raggiungere gli altri 40 - 100 miliardi di barili non ancora toccati dalle trivelle delle prospezioni, permettere all’America ed ai suoi sempre più riottosi alleati di rimanere attaccati al cordone ombelicale del petrolio irakeno riaperto dai carri armati e dai bombardieri, difeso da una pax americana che si è trasformata in una guerra economica di trincea a tutto campo.

Torna all'archivio