[18/06/2008] Comunicati

Climate change e povertà, Castellari: «Subito politiche di adattamento per i paesi in via di sviluppo»

LIVORNO. Si aprirà venerdì 20 il V Forum dell’informazione cattolica per la salvaguardia del creato che quest’anno ha come titolo «Il grido dei poveri e la Salvaguardia del Creato» e si terrà a Pistoia fino a d domenica 22. Tra i tanti relatori presenti, abbiamo intervistato Sergio Castellari (Nella foto), dal 2000 in qualità di esperto italiano di scienza dei cambiamenti climatici del Ministero dell’Ambiente ha partecipato a sessioni dell’IPCC, UNEP, UNFCCC e GEO - che il 21 alle 11 (Palazzo dei Vescovi) parlerà de “Gli effetti dei cambiamenti climatici e povertà: crisi idriche e alimentari».

Professor Castellari, i cambiamenti climatici sono un fatto ormai incontrovertibile, lei crede che i governi stiano lavorando in maniera sufficiente per frenare il fenomeno?
«In generale negli ultimi anni c´è stata una maggior presa di coscienza da parte dei vari governi della problematica climatica. La discussione sulle politiche dei cambiamenti climatici ha luogo principalmente nel contesto della UNFCCC (Convenzione Quadro UN per i Cambiamenti Climatici) dove si è elaborato il Prototcollo di Kyoto ora in funzione. Inoltre alla COP13 (13simo incontro annuale delle Parti della Convenzione) si è raggiunto un accordo sulla BALI ROAD MAP. Questo accordo implica un programma di lavoro di 2 anni per raggiungere una decisione su possbili obiettivi di riduzione delle emissioni globali di gas-serra dopo la fine del Protocollo di Kyoto nel 2012».

In attesa di frenare il surriscaldamento del pianeta, si ritiene necessario mettere in atto almeno processi di mitigazione, riguardo a crisi idriche e alimentari, quali dovrebbero essere?
«Come mostrato dall´ultimo rapporto AR4 dell´IPCC pubblicato nel 2007, i cambiamenti cliamtici possono essere uno dei possibili stress delle risorse idriche e alimentari in varie regioni del mondo, già sotto pressione per altre cause come l´inquinamento, cattivo uso del territorio, espansione demografica ecc. Quindi è importante, specialmente per i paesi in via di sviluppo, adottare al più presto politiche e misure di adattamento agli impatti nel settore idrico e alimentare».

Si parla molto in questi giorni di ritorno al nucleare, almeno come contributo nel mix energetico, lei crede che in termini di tempistica, tralasciando tutte le altre questioni, sia un sistema valido per contrastare gli effetti del surriscaldamento del pianeta?
«Certamente l´uso dell´energia nucleare da fissione non produce emissioni di gas serra climalteranti e viene sempre considerato nei possibili mix di misure di mitigazione. Al riguardo mi permetto di citare quello che l´IPCC scrive nel suo SPM (Riassunto per i Decisori Politici) del volume WGIII dell´ultimo rapporto AR4: "Dati i costi relativi ad altre opzioni di produzione energetica, l’energia nucleare, che nel 2005 rappresentava il 16% delle forniture di elettricità, può raggiungere una quota del 18% della produzione totale di elettricità nel 2030 con un prezzo del carbonio fino a 50 US$/tCO2-eq, tuttavia rimangono limitazioni legate alla sicurezza, alla proliferazione delle armi ed alla produzione di scorie».

L´Aie ha detto recentemente che per mettere in atto le misure necessarie a rispettare gli scenari del quarto rapporto Ipcc del contenimento dell´aumento della temperatura entro i due gradi centigradi al 2050 è necessario investire l´1,1% del Pil mondiale, e che in caso di inerzia sarà la catastrofe, è d´accordo?
«Negli ultimi anni l´AIE svolge un interessante lavoro sui possibili scenari energetici mondiali tenendo conto della emergenza socio-tecno-economica imposta dai cambiamenti climatici. Oltre i 2 gradi di aumento di temperatura media globale rispetto alla temperatura pre-industriale (fine 1700) gli studi valutati dall´IPCC hanno mostrato un intensificarsi di impatti di tipo quasi irreversibile su molti settori e regioni. Quindi cercare di limitare il riscaldamento a questi 2 gradi, che implica rispetto ai valori odierni di non aumentare la temperatura media globale di oltre 1.3 gradi-1,5 gradi è una grande sfida e l´Europa ha raccolto questa sfida e a livello negoziale nell´ambito UNFCCC porta avanti questo obiettivo di riduzione come l´EU target. La posizione dell´AIE è stata anche espressa nel dicembre scorso, mediante un appello ai delegati governativi alla COP13 a Bali, da centinaia di scienziati che hanno esortato ad agire in fretta nella riduzione di emissioni globali con l´obiettivo del 50% di riduzione entro il 2050. Personalmente, mi associo ai contenuti di questo appello».

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