[17/06/2008] Energia

Dalla politica degli annunci il piano per il nucleare

LIVORNO. Domani al Consiglio dei ministri sarà svelato il piano che il ministro Claudio Scajola sta progettando per tener fede all’annuncio di rilanciare il nucleare nel nostro paese e realizzare almeno quattro o cinque impianti nell’ambito della legislatura(!).
Un pacchetto che darebbe al governo via libera per mettere in atto il piano di ritorno al nucleare nei prossimi cinque anni. Il primo anno di questo processo dovrebbe essere dedicato alla semplificazione del quadro normativo, a partire dalla revisione delle norme tecniche di riferimento riguardo l’attuazione delle direttive 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti e poi sulla semplificazione del sistema che riguarda i tempi degli iter autorizzativi degli impianti sul modello dello “one step licensing”, una sorta di sportello unico in cui adempiere a tutti gli obblighi richiesti e che potrebbe comprendere anche la procedura di localizzazione degli impianti.

Questo modello prevede che sia l’operatore interessato alla realizzazione dell’impianto, a presentare assieme al progetto lo studio di localizzazione e di caratterizzazione del sito prescelto, con o senza la necessità di stilare una mappa pubblica.

Evidentemente quanto è successo in Campania con la gara per gestione e realizzazione degli impianti di trattamento rifiuti che prevedeva che fosse il vincitore della gara a scegliere i siti, non è bastato. Ma forse un elenco di siti sempre domani nel consiglio dei ministri dovrebbe essere anticipato, assieme a quello dove realizzare il deposito di superficie delle scorie ancora presenti nelle centrali in dismissione. Le centrali secondo gli obiettivi di Scajola dovrebbero essere da due a quattro per produrre dal 15 al 25% del fabbisogno elettrico italiano, che significa da quattro a otto reattori del tipo Epr, che dato l’alto fabbisogno d’acqua per il raffreddamento dovrebbero essere ipotizzate in territori costieri.

Il secondo anno dovrebbe essere poi impegnato al rilascio delle autorizzazioni di progetti specifici presentati da operatori interessati e quindi altri due per la costruzione e la messa a funzione della prima centrale. Quattro anni in tutto, ancora meno dei tempi ipotizzati per la centrale in costruzione a Okliuoto in Finlandia, dove si registrano già due anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Ma siamo in Italia e quindi basta annunciarle le cose che già sembrano fatte. Sembrano, appunto.

Per rendere fattibile questo alto incastro di ingegneria burocratico amministrativa, è necessario però collocare altre caselle del mosaico nella corretta posizione. Infatti nel disegno di legge delega si prevede la riforma dell’Autorità di controllo nucleare, che attualmente ha sede in Apat, che è già in corso di smantellamento per effetto di un comma introdotto in un articolo che prevede la riforma della Commissione Via nel decreto per l’emergenza rifiuti in Campania. L’Apat, infatti, privata del dipartimento sul controllo nucleare verrebbe inglobata all’interno dell’Irpa, un istituto di ricerca per la protezione ambientale in cui confluiranno - secondo la volontà del ministero dell’Ambiente - anche l’Icram e l’Infs. Il dipartimento atomico andrebbe con Sogin (società creata per il decommissioning delle centrali chiuse dopo il referendum) e Enea (l’ente di ricerca riconvertito dall’energia nucleare alle rinnovabili) alle dirette dipendenze del ministero dello Sviluppo. L’Enea potrebbe essere associata ad un consorzio finanziato dal ministero dello Sviluppo per le attività di ricerca e sviluppo industriale di progetti sul nucleare di quarta generazione, mentre per Sogin sembrerebbe ipotizzarsi una partnership con Ansaldo Nucleare.

Rimane il modello di finanziamento, per cui si ipotizza il cosiddetto modello finlandese, che prevede il coinvolgimento delle industrie che consumano energia negli investimenti necessari alla costruzione della centrale nucleare in cambio di una fornitura di energia a basso costo per tutta la durata di esercizio. Si prevede (naturalmente) anche di attivare un sistema di informazione alla popolazione per «far condividere e capire» e se proprio non bastasse questo confronto si ipotizza anche una sorta di risarcimento del disturbo, attraverso l’abbattimento dei costi della bolletta elettrica. Ecco fatto. Efficientismo, decisione e idee chiare. E se non bastasse c’è sempre la possibilità di chiamare in campo l’esercito.

Torna all'archivio