[12/06/2008] Consumo

Gli Ogm e i mercanti del cambiamento climatico

LIVORNO. Il recente vertice della Fao sulla crisi alimentare, i cambiamenti climatici ed i biocarburanti ha visto rinascere la tentazione miracolistica della “soluzione” Ogm e le aperture di ministri come l’Italiano Frattini non a caso sono state precedute e si sono sostenute su dichiarazioni come quelle di Monsanto, il più grande produttore di semi Ogm del mondo, che proprio alla vigilia della Conferenza mondiale ha reso noto un “impegno in tre punti” che prevede di «raddoppiare la produttività del mais, della soia, e del cotone nel 2030 in rapporto al 2000, a sviluppare sementi che ridurranno di un terzo le risorse richieste di acqua e concime, a migliorare la vita dei contadini, tra i quali 5 milioni dei più poveri, nel 2020».

Un documento che a Roma è servito alla lobby (ben introdotta) degli Ogm per convincere i delegati che gli Organismi geneticamente modificati sono un pilastro irrinunciabile della lotta al cambiamento climatico.

Non la pensano così i ricercatori indipendenti di Action group on erosion, technology and concentration (Etc) che a Roma e Bonn hanno denunciato che «Nel bel mezzo della crisi alimentare mondiale, le compagnie biotecnologiche si mostrano come i mercanti del cambiamento climatico». Un rapporto dell’Etc, una Ong canadese, rivela che le maggiori multinazionali delle sementi e dell’agrochimica stanno accumulando centinaia di brevetti monopolistici su geni delle piante, che poi pretendono di commercializzare come coltivazioni modificate per resistere ai fenomeni meteorologici estremi collegati al cambiamento climatico. Il rapporto dell’Etc avverte che «più che una soluzione per affrontare il cambiamento climatico, la promessa di quelli che vangono chiamati “climate-ready” verrà utilizzata per portare gli agricoltori ed i governi ad accettare definitivamente il trangenico ed i brevetti che questo implica».

Secondo Hope Shand, direttrice della ricerca dell’Etc «Di fronte al caos climatico e ad un aggravamento della crisi alimentare mondiale, i giganti genetici si avviano verso un’offensiva sul fronte della proprietà intellettuale per “vendersi” come i salvatori del clima. Le compagnie sperano di convincere i governi ed i consumatori reticenti che l’ingegneria genetica è la strategia fondamentale di adattamento per assicurare la produttività agricola. Il controllo monopolistico dei caratteri genetici delle coltivazioni è una pessima idea sotto qualsiasi circostanza, però dal momento che esiste un’emergenza alimentare mopndiale ed abbiamo il cambiamento climatico che bussa alla porta, risulta inaccettabile ed è imperativo respingerlo».

Secondo il rapporto, con il brevettamento dei “geni climatici” e l’appropriazione dell’emergenza climatica, Monsanto, Basf, DuPont, Syngenta, Bayer e Dow, insieme con soci biotecnologici come Mendel, Ceres, Evogene ed altri, hanno presentato 532 solleciti di brevetti (divisi per 55 “famiglie”) per geni in relazione alla tolleranza agli stres ambientali, negli uffici brevetti di tutto il mondo.

Secondo la Shand «L’enfasi posta sulle coltivazioni trasgeniche chiamete “resistenti al clima” distoglie risorse da pprogrammi attuabili, decentralizzati, per contrastare il cambiamento climatico. I brevetti concentrano il potere imprenditoriale, elevano i costi, inibiscono le ricerche indipendenti e riducono al massimo il diritto degli agricoltori a produrre e scambiarsi sementi. In tutto il mondo, le 10 maggiori imprese di sementi controllano già il 57% delle vendite di semi commerciali. Con questo, pretendono di appropriarsi del resto del mercato».

Alla Conferenza mondiale sulla diversità biologica di Bonn l’Etc ha sollecitato i governi a suspendere immediatamente tutti i brevetti sui geni e le autorizzazioni di coltivazioni Ogm “resistenti al clima”. I ricercatori canadesi chiedono di realizzare una un’indagine completa sugli Ogm, che que includa gli impatti sociali ed ambientali di queste varietà nuove e non provate. Inoltre i governi dovrebbero eliminare leggi restrittive sullo scambio delle sementi tradizionali ed autoctone, i regimi di proprietà intellettuale e gli accordi commerciali che costitiscono un ostacolo al miglioramento agricolo punbblico ed allo scambio di semi tra agricoltori.
«Il mondo ha già riconosciuto che siamo dentro una crisi alimentare e in uno stato di emergenza in materia di clima – sottolinea Pat Mooney, direttore esecutivo dell’Etc . In questo stato di emergenza gli agricoltori devono avere tutta la libertà e le risorse necessarie per uscire da questa crisi».

Ma la richiesta di brevetti genetici è in aumento e la corsa a brevettare nuovi Ogm si estende oltre gli Usa e all’Europa ed inonda Paesi produttori di cibo come Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Messico e Sudafrica. Monsanto, la multinazionale di produzione di semi più grande del mondo, e Basf, la maggiore impresa chimica del pianeta, hanno costituito insieme un colosso economico da un miliardo e 500 milioni di dollari per realizzare, attraverso l’ingegneria genetica, piante tolleranti allo stress climatico.

«Le due imprese insieme – dice Kathy Jo Wetter dell’Etc - rappresentano quasi la metà dell’insieme dei brevetti riguardanti la tolleranza allo stressa, econdo quanto ha rilevato il gruppo Etc. Se includiamo i loro soci biotecnologici più piccoli, come Ceres e Mendel, Monsanto e Basf si accaparrano quasi i due terzi del germoplasma conosciuto come “resistente al clima».

E il ricercatore dell’Etc Jim Thomas conclude che «Non saranno le panacee tecnologiche, specialmente i brevetti, quelle che risolveranno le strategie di adattamento che necessitano ai piccoli agricoltori per sopravvivere al cambiamento climatico. Il Sud soffre già della gigantesca impronta ecologica di carbonio del Nord. Per caso, ora le comunità rurali saranno investite dalle speculazioni con il cambiamento climatico che stanno realizzando i giganti genetici?».

Ma le multinazionali degli Ogm non molleranno l’osso coperto di polpa, l’attenzione che sono riusciti a suscitare su “geni del clima” sono una grande possibilità di “greenwashing” della loro pessima immagine, per riuscire a cantrabbandare gli Ogm come “verdi e amici del clima”, per trasformare la vendita delle semeti Ogm da contrastata opzione ad indispensabile opportunità per contrastare fame e global warming, nella speranza che i governi sempre più impauriti dalle rivolte del pane diano loro carta bianca.

Torna all'archivio