[09/06/2008] Urbanistica

Lo sviluppo senza espansione (a parole) del piano strutturale di Firenze

FIRENZE. Da un po’ di tempo, con una accelerazione dopo le elezioni del 14 aprile, sulla stampa cittadina ha preso quota una discussione sulle elezioni comunali a Firenze nel 2009. Discussione rovesciata che nel Pd è partita dalle candidature e non dai problemi della città e dell’area metropolitana: da quella urbanizzata che si estende fino Prato a quella economica e delle infrastrutture che lega ormai in un unico corridoio Firenze, Prato, Pistoia e Pisa (compreso il nodo aeroportuale) e con le connessioni della costa (porto di Livorno, corridoio tirrenico e piattaforma logistica costiera). Poi hanno trovato una soluzione sul tema candidature, ma sulle prospettive della città e delle reti di rapporti con il territorio, la Toscana e l’Europa continua il silenzio.

Se era prematuro discutere di candidature anche per rispetto del metodo delle primarie che il Pd ha deciso autonomamente di adottare, sempre e comunque, non lo è farlo, elevando il livello, sulle condizioni di vita dei suoi abitanti e delle soluzioni ai tanti problemi di una realtà urbana multiforme.

Sviluppo senza espansione” era l’assunto centrale del Piano strutturale di Firenze, cioè non occupare suolo non urbanizzato, ma utilizzare, per nuove funzioni, infrastrutture e nuovi edifici le aree di dismissione ma anche tutelare le aree agricole che insieme al verde pubblico sono un bene da difendere e qualificare. Ma all’affermazione non sono seguiti i fatti e l’urbanizzato, informe, continua ad espandersi, occupando nuovo territorio, in un processo che ha le caratteristiche di una trasformazione passiva foriera di scarsa coesione sociale.

Il Piano strutturale prevedeva un incremento del costruito abitativo (senza considerare quello commerciale e produttivo), su nuove aree, del 37% (IRPET 2004), mentre il restante 63% di riuso di aree dismesse era prevalentemente per nuove costruzioni senza lasciare spazio a verde o a infrastrutture relazionali e culturali.

Per quanto riguarda la mobilità il Piano strutturale metteva al centro il sistema integrato di trasporto pubblico ferro-gomma (tramvia, ferrovia, bus), ma per come fu concepito e per il livello infimo di partecipazione che lo ha caratterizzato, non rimodella comunque il sistema dell’accesso in senso sostenibile, cioè verso una capacità di ridurre il traffico privato e i livelli di inquinamento e i consumi energetici.

E’ infatti sul versante delle questioni ambientali e delle valutazioni degli effetti sulle stesse delle scelte che si evidenziano le maggiori criticità: manca una proposta compiuta e organica, integrata, delle finalità degli interventi previsti e dei motivi delle scelte rispetto ad altre alternative. Mancano le misure idonee a compensare gli effetti negativi sull’ambiente delle azioni previste individuando la disponibilità delle risorse economiche da impiegare; l’accertamento del rispetto delle norme igienico sanitarie in rapporto alle attività previste: dalla mobilità agli usi dell’energia.

Il problema principale è però la riorganizzazione delle funzioni nell’area per poli e “grandi lavori” che si trasformano in centri rigidi (non flessibili negli impieghi, soprattutto al futuro) e statici (dal punto di vista dello sviluppo di qualità flessibile e sostenibile), attrattori di nuovo traffico veicolare privato, così come le previsioni di parcheggi svincolati dalle funzioni a rete (che invece dovrebbero prevedere lo scambio tra bus, ferro, bici, navette elettriche, ecc.), invece che per reti di funzioni integrate sul territorio.
(1. continua)

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