[09/06/2008] Energia

Se l’Ucraina dimentica Cernobyl

LIVORNO. In Europa si susseguono gli incidenti nucleari degni di segnalazione, dopo quelli in Slovenia e Germania è stata la volta dell’incidente in una centrale nucleare ucraina non lontana dal confine polacco, del quale le autorità di Kiev hanno dato notizia solo dopo molti giorni, e il direttore della Energoatom, Viktor Stovbun, ha precisato che si è trattato della rottura di un tubo di raffreddamento del reattore non a contatto con i materiali radioattivi, non ci sarebbe niente da preoccuparsi perche la fuga «non è da paragonare a quella avvenuta in Slovenia, che arrivava a tre metri cubi, mentre qui è stata solo di tre litri l’ora».

Invece l’incidente ucraino dovrebbe preoccuparci, eccome, visto che è avvenuto nel Paese di Cernobyl, dove nel 1986 è accaduto il peggior disastro nucleare civile di cui si abbia notizia. Dovrebbe preoccuparci perché l’Ucraina, di fronte alla sua dipendenza energetica dal gas del poco amato (o molto, dipende dalla lingua parlata dagli abitanti dell’Ucraina) vicino russo, sta puntando sul rilancio del nucleare e nel 2006 il governo “arancione” ha approvato linee di sviluppo energetico che vanno in questo senso.

La battaglia energetica in Ucraina si gioca anche per conto della Nato e il rialzo del prezzo del gas russo (o la semplice richiesta di pagarlo puntualmente) è visto come una punizione russa per le posizioni filo-occidentali di Kiev.

Il Piano energetico dell’Ucraina prevede un ricorso massiccio al carbone e la costruzione di 22 nuovi reattori nucleari entro il 2030, non proprio il massimo per quanto riguarda il rispetto del Protocollo di Kyoto e il post-Kyoto.

Ma l’Ucraina sembra proprio aver dimenticato Cernobyl, la sua zona “morta”, l’area proibita ed i 200 mila profughi, i 50 mila morti e le migliaia di malati nucleari, tanto che le associazioni ambientaliste chiedono invano al governo filo-occidentale di aprire un dibattito pubblico prima dell’approvazione definitiva del Piano.

Olexi Pasyuk, un esperto di energia del National ecological centre of Ukraine, ha spiegato all’Ips che «La strategia del governo è stata redatta durante il conflitto del gas. Il suo unico obiettivo è quello di ridurre la dipendenza dal gas russo e di cessare di usarlo completamente. E’ un piano molto irreale in termine di costi. Non è stato pensato con criteri di efficienza economica, ma di mera soddisfazione delle necessità energetiche. Nemmeno la Russia, che sta indirizzando verso l’energia nucleare, pianifica di costruire tenti reattori. Anche se il piano funzionasse, l’Ucraina non potrebbe avere un ciclo nucleare completo. Abbiamo uranio, però non possiamo usarlo senza chiedere tecnologia russa. La dipendenza si manterrà».

L’Ucrania ha i più grandi giacimenti di uranio dell’Europa, ma la possibilità di sfruttarlo pone delle delicate implicazioni di tipo iraniano (stavolta sollevate dai russi): darebbe al Paese la capacità di costruire armi atomiche, un rischio che Mosca non vuole correre, anche perché la minoranza russa in Ucraina è sempre più insofferente. Inoltre, le scorie nucleari prodotte attualmente in Ucraina, vengono inviate tutte in Russia per il riprocessamento, visto che il Paese non ha la capacità di farlo.

Energoatom sta tentando di diversificare i fornitori di combustibile nucleare ed ha firmato di recente un accordo con la compagnia Usa Westinghouse, ma il combustibile americano è più caro e meno adatto ai reattori di epoca sovietica di quello russo, e così i rischi di incidenti nucleari sono aumentati. Un “intoppo” già sperimentato nei reattori nucleari della Finlandia e della repubblica Ceca che hanno dovuto prendere atto dell’incompatibilità del combustibile nucleare made in Usa con gli impianti sovietici.

Il Piano ucraino è molto ambizioso per quanto riguarda una colossale riconversione delle centrali a gas, ma disattende completamente i problemi ambientali ed ignora l’efficienza ed il risparmio energetici. Addirittura il Piano prevede che per il 2030 il Paese abbia il livello di efficienza energetica che ha attualmente la Polonia, non proprio un modello di risparmio e innovazione.

Eppure la non certo florida economia ucraina è una delle economie del mondo a maggior intensità energetica e produce più scorie che la media dei Paesi Ocse, le 30 economie più industrializzate del pianeta.

Ma l’Ucraina si trova anche a dover prendere impegni con l’Ue per lo sviluppo di energie rinnovabili e con Bankwatch per lo sviluppo sostenibile, promettendo di arrivare al 20% di energia pulita entro il 2020.

Secondo Pasyuk questo dovrebbe costringere il governo di Kiev a stracciare il suo Piano viso che «Informalmente ammette che deve rivedere la sua strategia, tuttavia, ufficialmente lo nega».

Bankwatch ha accusato la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che opera nei Paesi dell’ex blocco sovietico, di manipolare i Piani nucleari ucraini investendo nello sviluppo del settore, invece di finanziare (come promesso) le energie rinnovabili che in Ucraina hanno grandissime potenzialità per quanto riguarda l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.

Dopo Cernobyl, l’opinione pubblica Ucraina non vede di buon occhio la smania nuclearista e, appena l’Ucraina divenne indipendente, il parlamento di Kiev votò una moratoria sulla costruzione di nuove centrali nucleari, ma già oggi circa la metà dell’energia elettrica ucraina viene da impianti nucleari e la proporzione aumenta mentre si tira la cinghia del gas russo.

Le autorità assicurano che il nucleare ucraino è sempre più sicuro, ma a marzo il servizio di sicurezza dell’Ucraina ha dovuto ammettere di dover intensificare la sicurezza negli impianti nucleari a causa di continui episodi di negligenza. You remember Cernobyl?

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