[04/06/2008] Consumo

Gli stock di nasello argentino sono sull’orlo del collasso

LIVORNO. Che gli stock di pesce non siano in salute nel nord del mondo ce lo dicono anche gli scioperi di questi giorni dei pescatori europei che sono contro l’aumento dei prezzi dei combustibili, ma che alla base hanno la diminuzione (anche di taglia) delle risorse ittiche, fino al pericolo di estinzione di specie che si ritenevano non intaccabili, come il tonno rosso.

Ma le cose non vanno meglio nemmeno negli oceani che bagnano l’estremo sud del pianeta, la Fundación Vida Silvestre de Argentina ha lanciato l’allarme per “la merluza común” (Merluccius hubssi) che noi chiamiamo nasello, la principale risorsa per la pesca argentina, che sarebbe sull’orlo del collasso per la sovrapesca. Secondo l’Instituto nacional de investigación y desarrollo pesquero, negli ultimi 20 anni la popolazione di merluzzo si è ridotta del 70% ed i mezzi di conservazione adottati dalle autorità argentine si sono rivelati insufficienti. «Si dichiara meno di quel che si pesca e ci sono molti scarti – ha spiegato a Tierramerica Guillermo Cañete, coordinatore del programma marino della Fundación Vida Silvestre - Occorrerebbe pianificare con una visione a largo raggio».

Vida Silvestre dice che «si è pescato più di quanto la specie potesse sostenere. Il mare argentino è generoso, ma non inesauribile. Nel Paese la pesca è arrivata a rappresentare quasi un miliardo di dollari di esportazioni, però a portato al limite del collasso alcune delle nostre principali specie commerciali. La natura ha dei limiti e dobbiamo rispettarli. Lo stato deve rispettare gli impegni assunti per assicurare la sostenibilità del mare e delle sue risorse e tutta l’industria della pesca, inclusi gli imprenditori ed i lavoratori del settore, devono agire responsabilmente».

Una situazione del tutto simile a quella dei mari europei, anche dal punto di vista fiscale, con l’aumento della pesca abusiva e pirata, tanto che la Auditoría general de la Nación dell’Argentina ha denunciato recentemente che le carenze nella fiscalizzazione di queste attività producono una «allarmante depredazione» del merluzzo.

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