[30/05/2008] Consumo

La chimica è responsabile? In assenza di indicatori vale la percezione (che è soggettiva)

LIVORNO. In Toscana l’industria chimica è tutt’altro che secondaria visto che si contano circa 250 imprese che creano oltre il 6% del valore aggiunto manifatturiero e dell’export.
Molte di queste hanno aderito al programma “Responsible care”, il programma volontario di promozione dello sviluppo sostenibile dell’industria chimica. Il programma è garantito, in ogni azienda, da un coordinatore: per questo l’assemblea annuale dei coordinatori - che si è conclusa oggi a Rosignano Solvay e alla quale hanno preso parte gli assessori regionali Ambrogio Brenna e Annarita Bramerini - rappresenta il momento clou per lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze manageriali finalizzate al continuo miglioramento del progetto stesso.

«Siamo molto soddisfatti del sostegno che la Regione Toscana ha assicurato al programma Responsible Care – dice il vice presidente della commissione direttiva Responsabile care, Luigi Mansi - C’è un’industria che crea sviluppo sostenibile, garantisce i livelli occupazionali, rispetta l’ambiente, innova e compete da protagonista sui mercati internazionali; è l´industria chimica toscana che, nel solo 2007, ha aumentato i propri investimenti dell’11, 7%. Basta con il mito demagogico di una chimica nemica dell’ambiente – ha concluso Mansi - è al contrario una protagonista del Pil toscano e italiano che necessita di semplificazioni, razionalizzazioni e certezza delle procedure di controllo».

Inatnto però proprio ieri Medicina democratica ha denunciato la Solvay di Rosignano accusandola di non aver rispettato gli impegni sottoscritti con l’accordo di programma del 31 luglio 2003. Per Medicina democratica la Solvay «ha arrecato danno alla salute pubblica e all’ecosistema marino, continuando nello scarico di solidi sospesi e di mercurio, oltre i limiti dell’accordo per i solidi, (…) ha ricevuto finanziamenti pubblici legati al programma di riduzione degli scarichi, non rispettato (…) ha costruito un nuovo impianto (elettrolisi a membrana) senza un’adeguata preventiva bonifica del sito inquinato».

In realtà grazie a Responsible care – fanno sapere da Federchimica «rispetto al 1989, il nostro settore ha ridotto le emissioni in acqua del 52% - spiegano da Fedrchimica - mentre per le emissioni in aria si registra addirittura un - 91%. In 15 anni, cioè dal 1990 al 2005, l’industria chimica ha ridotto le emissioni di gas serra del 28,2% rispettando gli impegni del Protocollo di Kyoto. Un dato ancora più eloquente se si considera che in Italia le emissioni di gas serra sono aumentate nello stesso periodo di oltre il 12%.

Evidentemente la sostenibilità è ancora ancorata a giudizi soggettivi piuttosto che a parametri misurabili con indicatori standardizzati e più "oggettivi". Ad esempio, l´adozione dell´Emas negli stabilimenti andrebbe incontro a questo gap percettivo.

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