[29/05/2008] Parchi

Irpet: il turismo porta ricchezza, ma poca rimane nelle isole. E l´impatto ambientale?

LIVORNO. La pesca oramai è diventata un’attività residuale. La chimica, la siderurgia, le miniere e la cantieristica sono entrate in crisi strutturale. Le basi militari e le carceri sono stati chiuse. Nelle piccole isole d’Italia e d’Europa, ormai rimane solo il turismo, che se deve fronteggiare la concorrenza di altri paesi all’Elba vale comunque oltre il 50 per cento dell’economia. E’ quanto sostiene con argomenti il ricercatore dell’Irpet Giovanni Maltinti, tra i primi ad intervenire stamani a Portoferraio dove fino a domani si svolgerà la prima conferenza europea sulle isole minori, organizzata dalla Regione Toscana assieme all’associazione nazionale dei comuni insulari.

Senza turismo il reddito degli isolani sprofonderebbe – dice sempre Maltinti -. Il turismo ha dunque grandi meriti. Ma il Pil e il Pil pro capite non dice tutto. E se il turismo porta reddito (all’Elba il Pil è per il 21 per cento più alto della media regionale), quel reddito in buona parte, all’Elba come in tante altre piccole isole, se ne va altrove. Perché il territorio è piccolo e gli acquisti vengono fatti sul continente, perché tanti lavoratori stagionali arrivano da altri territori, perché i proprietari degli stabilimenti e delle strutture turistiche spesso non sono del posto. Il reddito disponibile, non quello prodotto, è di circa il 4 per cento più basso di quello regionale. E con i turisti aumentano naturalmente anche le spese generali: per lo smaltimento dei rifiuti, per i consumi idrici, per i trasporti.

Ogni cento euro che un turista spende, ha calcolato l’Irpet, le entrate per gli enti locali crescono di 9 euro ma le spese generali di 14. Senza contare il costo delle case che sale alle stelle e i prezzi per tanti beni di consumo che in estate crescono e riducono il potere d’acquisto degli isolani. Un saldo negativo, ‘risarcibile’, per il ricercatore dell’Irpet, solo aumentando le ricadute locali dell’economia turistica.

Nelle isole dell’arcipelago, racconta Maltinti, è anche più basso il livello d’istruzione: meno diplomi e meno lauree, un po’ per la difficoltà nei trasporti e un po’ per l’economia prevalentemente turistica. Più basso è anche il tasso di occupazione e alta la stagionalità.
Non sono comunque tutte spine. Le isole minori hanno grandissimi potenzialità. In tanti l’hanno ripetuto stamani all’Elba, anche tra gli ospiti stranieri. Nonostante la forte pressione urbanistica, la qualità ambientale è alta. E se la vita media è più bassa - forse per certi stili di vita, forse per certi lavori più rischiosi – meno diffuse sono le malattie dell’apparato respiratorio. Probabilmente per l’ottima qualità dell’aria. Da migliorare l’accessibilità.

Come si vede neppure l’Irpet prende in considerazione il fatto che il turismo sull’isola ha degli impatti, e che impatti, anche e soprattutto sull’ambiente. Che dire dei rifiuti? Che dire dell’acqua? Che dire dell’energia? Tra i problemi da affrontare, quello dello smaltimento dei rifiuti, dell’approvvigionamento idrico e di quello energetico. «Per il primo – viene detto in una nota della Regione - la Regione sta sostenendo le amministrazioni locali più virtuose nello sviluppo della raccolta differenziata, per le risorse idriche la strategia è di andare verso l’autonomia dell’Arcipelago, con una prima fase che prevede la realizzazione di un dissalatore a Giannutri. Quanto all’energia, si punta allo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili. Visti i problemi di compatibilità ambientale per gli impianti eolici ( !!!!????), si punta allo sviluppo del fotovoltaico e sui piccoli impianti a biomasse. L’arrivo del metanodotto algerino Galsi potrà rappresentare l’occasione per la metanizzazione dell’Elba: la Regione affiderà entro l’anno l’incarico per la realizzazione di un apposito studio di fattibilità».

Insomma, si naviga a vista e si cerca di fare quello che si può fare quando con uno strumento come la contabilità ambientale, teoricamente anche più facile da applicare in un’isola come l’Elba, si potrebbero veramente misurare gli impatti del turismo che non è buono in sé semplicemente perché dove prima c’era una fabbrica ora c’è un albergo, e quindi intervenire con cognizione di causa e secondo il criterio direttore della sostenibilità. Ma come si vede a partire dall’Istat fino all’Irpet si va avanti a compartimenti stagni. Come se il capitale naturale fosse altra cosa dalla produzione della ricchezza.

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