[29/05/2008] Consumo

Il pollo americano al cloro non piace ad agricoltori ed ambientalisti

LIVORNO. La Commissione europea lo aveva promesso e lo ha fatto in tempi insolitamente rapidi: ha deciso di aprire le frontiere dell’Unione europea alla carne dei pollo americani trattati con bagni a base di antimicrobici, cioè a base di ipoclorito di sodio, meglio conosciuto come varechina, dal 1997 ad oggi nell’Ue si prevedeva che i lavaggi della carne di pollo avvenissero solo con acqua potabile, con un divieto tassativo di usare la varechina in nome di misure igieniche più rigorose, che vengono vanificate dall’apertura del mercato ai polli Usa. Infatti, la normativa americana autorizza i produttori di pollame a disinfettare in superficie la carne bianca con una soluzione di sostanze clorate per sopprimere eventuali batteri come quello della salmonella.

Secondo il ministro ombra dell’ambiente del partito democratico, Ermete Realacci, che nei giorni scorsi aveva presentato un’interrogazione parlamentare sul tema, «La tutela della salute dei consumatori e la qualità dei prodotti che finiscono nei nostri piatti dovrebbero essere una priorità dell’Europa. Con un via libera all’import di polli alla candeggina, l’Unione Europea potrebbe disattendere a questo compito e sarebbe un fatto gravissimo. L’Italia faccia la sua parte e metta in campo tutte le azioni per bloccare qualunque apertura. Il ministro dell’agricoltura Luca Zaia, deve rispondere in Parlamento su quali misure intende intraprendere per tutelare il nostro paese da questo rischio che minaccia le tavole degli italiani». Allarmata la Coldiretti: «Occorre impegnarsi per evitare che questa preoccupante novità arrivi sul mercato comunitario senza che imprese e consumatori ne sentano il bisogno».

Il via libera della Commissione al “pollo alla varechina” fa parte degli accordi presi da Ue ed Usa durante l’ultimo incontro del Consiglio Economico Transatlantico. La proposta dovrà essere ora sottoposta all´esame del Comitato europeo per la catena alimentare e animale che riunisce i rappresentanti dei 27 Stati membri per trasferirla eventualmente al Consiglio Agricoltura e al Parlamento Europeo. Nell’’ultimo Consiglio dei ministri dell´agricoltura dell’Ue erano emerse preoccupazioni sull’uso di sostanze antimicrobiche per la decontaminazione della carne di pollo, espresse formalmente dalla Francia e condivisa da altri 21 Paesi, compresa l’Italia.

«La proposta della Commissione – spiega la Coldiretti - prevede una durata di due anni con l´apertura delle frontiere europee condizionata: all´uso di una sola sostanza chimica a base di cloro, tra le quattro utilizzate comunemente per disinfettare le carni, proibendo così l´uso di cocktail di sostanze; al lavaggio con acqua potabile; all´uso di etichette in cui si espliciti che il prodotto e´ stato decontaminato con il cloro; e alla fornitura di dati da parte delle autorità americane sulla possibile resistenza agli antibiotici che questi trattamenti potrebbero provocare. Una serie di precauzioni che non risolvono le perplessità sui rischi per l´ambiente e la salute sia per quanto riguarda possibili reazioni chimiche, variazioni del gusto, effetti tossici in caso di ingestione dei residui di queste sostanze, così come il rischio di insorgenza di ceppi di batteri resistenti. Il pressing esercitato degli Stati Uniti sembra dunque aver avuto per ora successo con le ragioni dei consumatori che sono state sopraffatte dagli interessi della diplomazia per la necessità di rafforzare i rapporti tra Stati Uniti ed Europa in un momento di difficoltà economica internazionale».

Secondo la Coldiretti «L´Italia, che è autosufficiente nella produzione di polli,non ha alcun interesse a promuovere sistemi di lavorazione che riducono le garanzie in un settore che ha già pesantemente sperimentato gli effetti delle emergenze sanitarie, con la crisi dell´influenza aviaria. L´Italia è più che autosufficiente nei consumi grazie a 6000 allevamenti, 173 macelli, 517 imprese di prima e seconda lavorazione che danno complessivamente lavoro a 180mila addetti per una produzione complessiva di 1,13 milioni di tonnellate di carne ampiamente superiore ai consumi interni e un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro, circa il 6,5 percento del valore dell´intera agricoltura italiana».

Il pollo al cloro non è molto gradito nemmeno a Legambiente: «Se l’Europa ha scelto di degustare il pollo in varechina, l’Italia non deve rinunciare a difendere la sicurezza sanitaria dei suoi consumatori e la sua tradizione enogastronomica, nota in tutto il mondo per la salubrità e tipicità dei suoi prodotti. E’ inammissibile abbassare, su richiesta degli Stati Uniti, gli standard igienici di questi cibi che presto arriveranno sulle nostre tavole, mettendo a rischio la salute e la fiducia dei consumatori. La qualità dei prodotti europei, garantita da rigide norme non aveva mai avuto bisogno di “ripulire” il pollame con una decontaminazione finale al cloro, il cui impatto sulla salute e sull’ambiente è ricco di critiche e riserve».

Fortemente critica anche la Confederazione italiana agricoltori (Cia) che definisce la decisione della Commissione Ue «Un atto grave che apre un pericoloso precedente. La Cia ribadisce, «il fermo “no” all’importazione di questi prodotti che possono essere nocivi per la salute pubblica e nello stesso tempo riafferma l’esigenza di un’etichettatura chiara che permetta una vera tracciabilità» e invita il Comitato europeo per la catena alimentare e animale a respingere «l’orientamento dell’esecutivo di Bruxelles e venga mantenuto il blocco dell’import dagli Stati Uniti di un prodotto così trattato. In tale direzione fa ben sperare l’iniziativa di molti paesi Ue, tra cui il nostro, e di alcuni parlamentari europei per bloccare la decisione dell’Esecutivo comunitario. Occorre che nel confronto tra le due sponde dell’Atlantico s’impedisca che passi la richiesta degli Stati Uniti e che l’Ue mantenga una posizione ferma in difesa dei cittadini europei e soprattutto della loro salute».

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