[27/05/2008] Comunicati

Fra manganellate e ascolto quel che manca è il progetto

AREZZO. Il governo è in luna di miele e quindi può distribuire manganellate anche con il consenso di gran parte degli elettori del centrosinistra che a fronte dell’esasperante “vuoto di autorità” manifestato dal precedente governo di centrosinistra, finalmente, possono registrare una reazione decisionista derivata da un riflesso d’ordine. Con Mussolini e Storace sono rimasti gli “ascoltatori”. Quelli che pensano che “alternativa” sia sinonimo di “radicale” e “antagonista” e che la società “coriandolo” e “poltiglia” sia una massa indistinta che chiede di essere ascoltata e rappresentata e non, invece, imponga di essere governata secondo progetti con sufficiente, anche se non unanime, consenso.

Il centrosinistra si è diviso (consensualmente) in chi pretendeva di guidare a prescindere dal dove andare e in chi non voleva (e non vuole) guidare perché non vuole andare da nessuna parte.
Dove andare e perché non importava né importa più niente a nessuno. E figuriamoci se importa al nuovo governo. Sicurezza, competitività e crescita sono target che trascendono il famigerato inciucio. E’ una intera cultura che si è allineata e omologata. L’inciucio non c’entra proprio, assolutamente, nulla. La questione non riguarda affatto le regole entro le quali le forze politiche possono competere che debbono essere condivise.

Ci sono le mete e gli obiettivi di fondo che sono già condivisi. Senza bisogno di inciuci. Gli inciuci avvengono fra forze diverse che stabiliscono rapporti di mutua convenienza per singoli obiettivi. A volte per eterogenesi dei fini. Oggi siamo di fronte ad obiettivi strategici comuni (sicurezza, competitività e crescita, appunto) sui quali si confligge solo sul “chi fa meglio la stessa cosa”.

Prima di dare giudizi di valore, su questo allineamento culturale, bisognerebbe riconoscerlo. Che il liberalismo sia cosa anche storicamente dignitosa e comunque sia una cosa seria, non c’è dubbio. Che sia la quint’essenza della modernità non è detto.
Ma quell’economia ecologica che era la pietra miliare del programma della sinistra (non raccontata né rappresentata) in campagna elettorale, non solo non si vede (ovviamente) all’orizzonte di nessuna forza parlamentare, ma neanche viene evocata da nessuna forza estraparlamentare “batonzata” ( non a caso anche per questo) alle elezioni. E così, dopo la sparizione della rappresentanza dei deboli viventi umani, ci si avvia verso la sparizione della rappresentanza anche dei deboli viventi non umani.

E questo non è buono per nessuno. Neanche per i forti. E’ stato già detto prima delle elezioni, ma vale ripeterlo proprio perché nessuno ha ascoltato. Non è vero che la politica si è distaccata dalla società, è vero il contrario: la politica (anche quella di sinistra) è stata attraversata dalla società e non ha saputo opporgli/offrirgli un progetto. Un progetto che sapesse stabilire gerarchie perché altrimenti scade nel solipsismo egocentrico. Un progetto che, almeno, sapesse distinguere le cose piccole da quelle grandi; le megatonnellate dei rifiuti tossici dai nanogrammi dei microinquinanti; il nucleare dall’eolico; il carbone dalla geotermia; la difesa dell’ambiente dagli egoismi, quando non dai ribellismi imbelli e strumentalizzati dalle mafie non meno che blanditi per generosi moti spontanei da vescovi integralisti e generosi preti.

Il marketing, insomma, ha fagocitato l’intera offerta politica (e non solo quella) sotto tutte le latitudini anche se con diverse argomentazioni. Questo è il nodo non riconosciuto. O, quando lo è, si pensa che riguardi solo la destra e Berlusconi. Ma se si sbaglia l’analisi si sbaglia tutto, diceva un grande del ‘900. E infatti si sbaglia tutto.

Fra le manganellate e l’ascolto quel che non si vede né si sente (e neanche ne viene avvertito il bisogno) è proprio il progetto. E il tempo a disposizione è scaduto.

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