[22/05/2008] Urbanistica

Ma il Dpef della Toscana dimentica gli stati generali della sostenibilità

FIRENZE. In settimana dovrebbe concludersi la fase di concertazione del Dpef della Regione Toscana. Uno dei punti chiave è verificare se esso, a partire dal 2009 e da quel che resta del 2008, aiuterà la società toscana ad affrontare problemi del lavoro, del welfare, della solidarietà tra generazioni e tra culture diverse legate ai processi di immigrazione, della conoscenza e dell’innovazione, della ricerca e dell’istruzione anche ai fini della riqualificazione del sistema produttivo. Senza danneggiare ulteriormente l’ambiente (per es. con il consumo di suolo), anzi reagendo urgentemente e sapientemente ai cambiamenti climatici con azioni di mitigazione e adattamento.

La prima verifica da fare è sul grado di integrazione delle politiche ai fini della sostenibilità ambientale/sociale ed energetica/economica del “sistema” Toscana. Essa è avviata in modo solo nominale poiché Pir, azioni e misure rispondono a logiche settoriali rese più rigide dalla netta separazione tra fonti di finanziamento e canali di spesa. Timidi tentativi di integrazione si trovano, ad es., nel POR dei Fondi Strutturali. Ma il difetto deriva dal PRS 2006-10 che non risolse il problema dell’integrazione e concepì lo sviluppo sostenibile come indirizzo “esterno” alle politiche di settore.

Esso non entrò nei processi di ideazione, progettazione e programmazione attraverso la necessaria interazione tra ambiente, società ed economia seguita da coerenti azioni e misure di spesa e realizzazione. Hanno cercato di sopperire attraverso un eccesso di norme, leggi e regolamenti la cui caratteristica fondamentale resta la settorialità. Il PRS si è poi dimostrato anelastico ed inefficace di fronte alla necessità di riorientare comportamenti e politiche di fronte ai cambiamenti climatici e ai loro effetti, non solo sulla salute e l’ambiente, ma anche sull’economia; basti pensare ai costi di adeguamento del sistema idrico alla siccità e alle precipitazioni improvvise e concentrate e ovviamente agli effetti sull’agricoltura (con le conseguenze immediate sui prezzi dei prodotti agroalimentari).

Da qui la decisione del novembre scorso di tenere gli stati generali della sostenibilità dedicati ad integrazione e clima. Ma di questo c’è poca traccia nel DPEF 2009, salvo la L.R. 29/2007 "Norme per l´emergenza idrica e la prevenzione della crisi idropotabile” e le azioni definite con il PRAA sulla qualità dell’aria e il controllo della CO2, di cui mancano però indicazioni cogenti per ogni settore di attività economico e produttivo compreso quello energetico. Eppure la R.T. è impegnata anche a livello europeo, per es., alla definizione del Manifesto sul “Cambiamento climatico e il futuro della sicurezza alimentare”; ma anche di questo nel DPEF non c’è traccia, né di misure e azioni per l’attuazione del “Decalogo della sostenibilità” approvato agli Stati generali: educazione al paesaggio, 1% del PIL locale per ridurre l’effetto serra, sviluppo FER (si rimanda al PIER in via di approvazione) e registro delle emissioni CO2, contenere l’espansione edilizia, ostacolare la rendita immobiliare, favorire la bioarchitettura e l’uso razionale dell’energia, favorire il risparmio e il riuso dell’acqua, favorire la raccolta differenziata dei rifiuti (unico caso di misura indicata nel DPEF con i fondi della tassa di conferimento in discarica), favorire una mobilità sostenibile (si rimanda ad una prossima revisione del piano trasporti), promuovere un’agricoltura a basso impatto ambientale. Occorrerebbe, infine, che il DPEF contenesse la costituzione di una Cabina di Regia su cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile, propedeutica anche a ricondurre ad aggregazione/unicità i bandi sostenuti da risorse finanziarie plurime di diversa provenienza normativa e di bilancio.

continua

Torna all'archivio