[19/05/2008] Comunicati

Insulina sospesa e informazione scorretta

LIVORNO. Il caso della giovane ragazza fiorentina diabetica deceduta dopo aver sospeso le iniezioni di insulina, per aver seguito le indicazioni di una donna - che è ormai chiaro - niente aveva a che fare con la medicina, ha riaperto il tema sulle medicine cosiddette non convenzionali. Ora l´omeopatia, ora l’antroposofia, vengono messe nuovamente sotto accusa e poste alla gogna mediatica, fino ad affermare – come hanno titolato alcuni quotidiani nazionali - che curarsi con metodi diversi dalla medicina allopatica uccide.
Senza per altro offrire uguale spazio alle dichiarazioni da parte di omeopati e antroposofi, che hanno preso le distanze sia dalla presunta dottoressa responsabile dei consigli sbagliati, sia dalla cultura che vuole questo tipo di medicina come altra, da quella tradizionale.

«La medicina omeopatica è un ulteriore strumento di cura da porre a fianco e a complemento della medicina classica» si legge in un comunicato della Società italiana di medicina omeopatica, a firma della sua presidente Simonetta Bernardini. E la nota continua ribadendo che «il medico omeopata sceglie lo strumento di cura migliore per il suo paziente, sia esso un farmaco convenzionale oppure un medicinale omeopatico, con scienza e coscienza e senza partigianerie» e che quindi «un medico omeopata è medico due volte, dovendo conoscere, saper applicare e saper scegliere tra medicina classica e medicina omeopatica, a seconda della situazione clinica che deve gestire».

Concetto sottolineato anche dalla Società italiana di medicina antroposofica, che in un comunicato firmato dal presidente Mauro Alivia, spiega che questo tipo di medicina, viene praticata «soltanto da medici abilitati all’esercizio della professione che, nel pieno rispetto del codice deontologico, agiscono secondo scienza e coscienza per il bene supremo della salute dei propri pazienti, valutando caso per caso le opportune opzioni terapeutiche».

Concordi inoltre, sia gli omeopati che gli antroposofi, dell’importanza di considerare queste medicine – erroneamente considerate alternative- come ampliamento della medicina odierna, in maniera complementare. Perché l’interesse deve essere quello della salute del paziente, nella sua interezza.

Approccio che sottolinea anche il neo senatore Umberto Veronesi, che sabato in un editoriale su La Repubblica raccomanda che «la medicina nell´era della tecnologia deve recuperare la sua dimensione umana (…) e stabilire un nuovo equilibrio nel rapporto medico-paziente, rapporto che deve trasformarsi in relazione olistica, in cui il medico considera la globalità della persona malata che ha di fronte: corpo e anima, razionalità e irrazionalità».

Approccio che è alla base delle medicina complementare, che oltre al farmaco utilizza altri strumenti per perseguire la salute del paziente, avendo a cuore appunto «l’insieme della persona» di cui parla Veronesi.
Ma per dare la possibilità e la garanzia ad un ammalato di affidare la propria salute nelle mani di un medico capace di saper scegliere quale rimedio adoperare, perché più appropriato per curare il caso che ha di fronte, è necessario che anche il nostro paese si doti di una legge di riferimento.

Una legge che tuteli al tempo stesso i cittadini dai fenomeni di abuso della professione medica ad opera di ciarlatani e offra ai medici di operare nell’ambito della piena professionalità.

Una legge in questo senso era quasi arrivata al traguardo nel parlamento della scorsa legislatura: l’auspicio è che anche alla luce dei drammatici fatti che hanno portato alla morte della ragazza di Firenze e di tutti gli altri che le cronache portano adesso alla ribalta, il nuovo parlamento e il nuovo esecutivo riprendano in mano quella norma, dal punto in cui era rimasta.

In modo da garantire anche in Italia, come nel resto d’Europa, libertà di scelta terapeutica ai cittadini, nell’ambito però della certezza di professionalità da parte di chi opera nel campo delle medicine complementari. Con un unico obiettivo: la salute della persona, nella sua completezza.

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