[07/04/2006] Parchi

La strage silenziosa dei bocconi avvelenati

FIRENZE Cianuro, stricnina, inibitori della colinesterasi (che provocano paralisi respiratorie e muscolari), sono tra i veleni, che appositamente lasciati dall’uomo nell’ambiente in forma di «succulenti bocconi» continuano ad uccidere migliaia di animali (domestici e selvatici) con grandi sofferenze, in ogni parte d’Italia. E’ un fenomeno barbaro in continua espansione anche in regioni dove la cultura ambientale ed il rispetto per la natura sembrerebbero più avanzati: accade in Emilia, come in Toscana, ed Umbria (queste ultime due Regioni uniche in Italia hanno anche una legge ad hoc in materia). «In un anno hanno ammazzato una trentina di cani, ai margini delle foreste casentinesi, cinque erano miei» denuncia il professor, Enzo Boschi presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, a cui pochi giorni fa nel comune di Tredozio (Forli-Cesena), hanno ucciso un suo cane. La zona, tra l’altro, si trova ai margini delle foreste casentinesi con sentieri segnati per permettere passeggiate per entrare nel parco. I motivi di questa pratica orrenda sono molti: gestione della fauna (gli animali carnivori – lupi, volpi – sono predatori e quindi competitori per i «cacciatori» nella caccia agli erbivori); rivalità tra i cercatori di tartufi che si uccidono i cani a vicenda, ma anche motivi banali come l’eliminazione di animali che disturbano o per fare un «dispetto» al vicino antipatico.

«E se solo un bimbo – continua Boschi – in questi sentieri disseminati di polpette scappasse all’attenzione di un genitore, cosa succederebbe? Tutto questo avviene nell´indifferenza generale: Finanza, carabinieri, benché sollecitati, si dichiarano impotenti. I cacciatori costituiscono una vera e propria mafia che nessuno sembra avere il coraggio di sfidare».

Tra l’altro alcuni di questi veleni (ad esempio la stricnina) persistono nell’ambiente, vanno nelle falde acquifere ed entrano nelle catene alimentari. Il danno complessivo è quindi difficilmente stimabile. Eppure le leggi ci sono. Il getto di sostanze tossiche su suolo pubblico è regolato dal Codice Penale (art. 674); poi c’è la legge nazionale 157/92 (quella che regola la caccia) che conferma il divieto dell’utilizzo di esche avvelenate già previsto dalla legge 968/77.
La legge regionale toscana 39/2001 dà competenze ed obblighi istituzionali ai Comuni (a partire da un registro dei trattamenti di derattizzazione in corso sul territorio comunale sia da parte di enti pubblici che privati), alle Province che ogni anno devono rendere nota la distribuzione e localizzazione degli episodi di avvelenamento, alla Regione che deve indicare una lista delle sostanze velenose che devono essere sottoposte a vendita in regime controllato tramite registrazione.

Purtroppo non sempre questi obblighi sono rispettati e poche volte gli organi di polizia sono riusciti a cogliere sul fatto i colpevoli anche perché è oggettivamente difficile. Certo, è possibile inserire divieti ancora più stringenti (come il divieto temporaneo di attività collegate alla caccia nei territori rurali dove siano stati rinvenuti bocconi avvelenati, così come avviene già per le zone colpite da incendi) ma è sull’aspetto culturale che si appare necessario fare leva, cominciando con un’informazione capillare dei cittadini invitandoli a denunciare episodi sospetti.

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