[15/05/2008] Urbanistica

Nuove rotte dell´Artico russo tra pericoli ambientali e tesori economici

LIVORNO. Si cominciano a conoscere i primi risultati della spedizione nel Mar di Kara organizzata dall´Accademia russa delle scienze nell´ottobre 2007, a bordo della nave da ricerca Akademik Mstislav Keldych, e che fanno parte del programma scientifico dell Russia per l´anno polare internazionale.

Gli scienziati russi hanno studiato le trasformazioni dell´ecosistema e dell´ambiente naturale artico legate al riscaldamento globale.

Il capo della spedizione e vicedirettore dell´Istituto di oceanologia dell´Accademia russa delle scienze, Mikail Flint, spiega che «la scelta si è appuntata sul Mar di Kara in ragione di più elementi. Da un lato, questo bacino marittimo si trova sotto l´influenza delle acque che arrivano nell´Artico dall´ceano Atlantico, dall´altro è un mare siberiano classico nel quale si gettano potenti fiumi, l´Ob e lo Jenissei, e che possiede un´enome piattaforma continentale».

Ed è proprio la piattaforma continentale ad attirare la maggiore attenzione, non solo degli scienziati ma anche dei politici russi: è lì che si concentrano diversi fenomeni climatici che determineranno i prossimi processi di mutamento del grande nord russo e dellArtico.

«L´Artico cambia sotto l´inflenza dei processi globali – dice a Ria-Novosti Flnt – però i processi che vi si attuano hanno anche loro influenza sul clima. Inoltre, in questo sistema interdipendente agiscono alcune cause fondamentali che sono capaci di creare uno scioglimento massivo dei ghiacci».

Negli ultimi 12 anni, la superficie della banchisa del bacino artico è diminuita del 25-27%, e la coltre di ghiaccio è diventata sensibilmente meno spessa. Tra il 2006 e il 2007 è stata osservata la più forte trasformazione mai registrata in 50 anni di studi, con una diminuzione della superficie della banchisa polare di un milione e mezzo di chilometri quadrati, un fenomeno che è stato innescato (ed ha acuito) dalle conseguenze idrogeologiche ed idro-fisiche del cambiamento climatico.

Ma i russi non guardano solo con preoccupazione allo scioglimento dei ghiacci artici: nella piattaforma continentale si stanno liberando risorse biologiche oceaniche prima inaccessibili e soprattutto enormi riserve di idrocarburi, inolte nuove vie di navigazione commerciale appaiono tra i ghiacci, cose che interessano molto lo Stato-mercato russo e anche lo scienziato Flint ammette che «è difficile immaginarsi il livello di economia che questo rappresenta in materia di collegamenti tra l´Europa e l´America, e di quanto calerà il prezzo del trasporto del petrolio».

I russi sono più che interessati: il tragitto Rotterdam-Yokohama si potrebbe ridurre del 40% passando per le nuove rotte siberiane invece che dal canale di Suez: un vero e proprio sconvolgimento, non solo climatico, ma anche dell´asse dell´economia planetaria.

E i russi corrono ad appuntare le loro bandiere sulle ricchezze incredibili della piattaforma continentale artica e ne reclamano il 70% come proprio territorio. Sotto il coperchio finora sigillato dai ghiacci eterni ci sono riserve di idrati e condensati di gas che, solo nell´Oceano Artico orientale, sono quanto quelle di tutta la parte emersa del pianeta, tirarle fuori da quei fondali sarà costoso: ma ogni giorno di meno, con il petrolio ed il gas che volano verso l´alto dei prezzi record, e con nuove tecnologie innovative.

Ma la spedizione russa era anche scientifica ed ha scoperto che il sistema di circolazione delle acque nel Mar di Kara è organizzato in maniera diversa da quanto si pensava fino ad ora: per un periodo significativo dell´anno (escluso l´inverno), la corrente per uscire dal bacino passa sul lato orientale della grande isola di Novaja Zemljanuova, mentre prima si credeva verso il Mar di Kara.

Gli scienziati sono preoccupati per la sicurezza ecologica delle attività economiche che si stanno per mettere in piedi in un´area tanto delicata. «La vita degli ecosistemi a questa latitudine è breve, tra i due mesi ed i due mesi e mezzo, e tutte le produzioni biologiche si formano in questo piccolo lasso di tempo – spiega Flint – La navigazione non regolamentata. la costruzione galoppante e lo sfruttamento irrazionale delle risorse possono trasformare gli ecosistemi artici sensibili in una gigantesca discarica che sarà molto difficile pulire. A volte, solo una leggera influenza su di loro può essere sufficiente a provocare processi distruttivi. Uno degli esempi più chiari di questo genere di pericolo ci è stato fornito dalle tracce lasciate dai veicoli sulla tundra. Essi ci mettono delle decine di anni per scomparire e nei solchi si formano degli scambi di calore che esercitano un´influenza negativa sull´ambiente. La stessa cosa potrebbe prodursi nel mare».

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