[08/05/2008] Energia

Tutto l’uranio della Russia

LIVORNO. Secondo un comunicato del ministero degli esteri russo, da ieri strettamente nelle mani del “nuovo” primo ministro Vladimir Putin (Nella foto), l´accordo russo-americano di cooperazione nucleare, firmato il 6 maggio a Mosca, «apre la strada ad una cooperazione ´piena ed a lungo termine tra Russia e Stati Uniti nel settore. Questo documento (che si intitola "Accordo di cooperazione per un uso pacifico dell’energia nucleare”, ndr) crea il quadro giuridico per la realizzazione di numerosi progetti nel nucleare civile ed apre la strada ad una operazione ampia ed a lungo termine a titolo bilaterale, ma anche nel quadro dei progetti multilaterali nel settore». Un accordo cercato per vent’anni attraverso i labirinti della guerra fredda prima, della crisi dell’Urss e della caotica nascita della Federazione Russa poi, e non a caso firmato proprio nel momento in cui l’oligarchia energetica russa conferma la sua presa.

Saranno i parlamenti russo ed americano a ratificare lo storico documento che «permetterà di togliere le barriere che ostacolano la cooperazione tra le imprese del settore», sottolinea il ministero degli esteri russo.
Ma i russi si sono portati avanti col lavoro ed il 22 aprile hanno firmato ad Erevan, la capitale dell’Armenia, un trattato per la creazione di un’impresa russo-armena per la ricerca di uranio e di altri minerali sul territorio della repubblica caucasica. Per i russi ha firmato Vadim Jivov, direttore dell’impresa statale Atomredmetzoloto (Armz) e per gli armeni il ministro dell’ambiente Aram Aroutiounian.

Armz gestisce tutte le attività russe di estrazione dell’uranio e ha in corso una serie di progetti anche in Kazakistan, dove possiede già il 49% dell’impresa russo-kazaka Zaretchnoie che sfrutta un giacimento da 19 mila tonnellate. Questo fa della Russia il secondo Paese al mondo per riserve di uranio, grazie ad una ristrutturazione del settore nucleare che è passata per l’unione di tutte le imprese specializzate in un consorzio di Stato. Con il suo “progetto uranio”, la Russia si presenta come il vero supermercato del nucleare, nella «prospettiva di garanzie assolute di riuscita nei settori in cui l’uranio è il prodotto di base».
Il crollo dell’Unione Sovietica aveva privato la Russia dei giacimenti di uranio presenti in Tagikistan, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, lasciandogli solo la miniera di Streltsovski, nella regione di Cita. Ma dopo sono state scoperte nella stessa area altre riserve di uranio stimate in 150 mila tonnellate ed altre 70 mila in alter regioni della Siberia orientale.

La Russia conta anche sull’acquisto di uranio all’estero, da Paesi che non hanno ancora centrali nucleari e tecnologie per l’arricchimento dell’uranio, a cominciare dall´Australia dove Putin ha firmato insieme al primo ministro John Howard un accordo per una fornitura annua di uranio da un milione di dollari all’anno. Il vero eldorado dell’uranio russo potrebbe rivelarsi la Mongolia, potenzialmente il primo Paese per riserve che aspettano di essere sfruttate.

Se si mettono insieme le sue riserve di uranio civile e militare, la Russia potrebbe appropriarsi entro il 2030 del 45% del mercato mondiale dei servizi di arricchimento dell’uranio e del 20-25% del mercato della costruzione di centrali nucleari. Secondo Sergei Golubtchikov, un esperto di nucleare dell’università delle scienze sociali della Russia, «In totale, le risorse nazionali provate di uranio assommano a 615.000 tonnellate. Questa cifra include i più grossi giacimenti russi recentemente esplorati: si tratta di quelli di Elkon (344 mila tonnellate), situato nel nord della repubblica di Iakuzia-Sakha. L’esplorazione dei campi di uranio russi risulta cara in equipaggiamenti. Così, il giacimento di Aldan, principale risorsa potenziale di uranio, non può essere esplorato che con l’aiuto di pozzi. Il minerale è situato in profondità, a 300 metri, questo rende l’estrazione non economica. All’epoca dell’autoritarismo questo non era un problema, l´uranio del nord era estratto gratuitamente dai detenuti, soprattutto da detenuti politici. Nella Ciukotka, per esempio, sono stati loro ad estrarre il materiale destinato alle prime bombe atomiche. L´estrazione dell´uranio nei pozzi del nord è cessato con la chiusura dei campi di prigionia».

Ma ora la democrazia autoritaria di Putin deve trovare al più presto un modo economicamente sostenibile per sfruttare quei pozzi diventati ad un tratto non più redditizi. Una mano la potrebbe dare il costo mondiale dell’uranio che in tre anni è raddoppiato senza nessun clamore.

«Un centimetro cubo di uranio – spiega Sergei Golubtchikov – equivale in energia prodotta a 60 mila litri di benzina, a 110-160 tonnellate di carbone o a circa 60 mila metri cubi di gas naturale. La sua concentrazione estrema rende il suo trasporto assai poco costoso. La parte del prezzo del combustibile nel costo totale dell’elettricità prodotta è, inoltre, relativamente basso. Anche un netto aumento dei prezzi dell’uranio combustibile non ha che un basso impatto sul costo dell’elettricità prodotta nelle centrali nucleari (a titolo di esempio, questo costo non è salito che del 7% dopo il 1997)».

Golubtchikov sorvola sui costi di costruzione e sicurezza delle centrali nucleari e può scordarsi dello smaltimento delle scorie che in Russia hanno pattumiere statali a buon mercato nelle sue sconfinate distanze, ma non può negare che, con l’attuale estrazione di uranio all’anno (3.400 tonnellate) la Russia ha riserve sufficienti per soli 50 anni, un tempo teorico, perché lo sviluppo del supermarket atomico moscovita potrebbe ridurre le previsioni di non poco.

E allora il trionfalismo nucleare fa spazio alle preoccupazioni per un futuro incertissimo: la soluzioni proposte sono quelle di «trovare altri modi di alimentare in combustibile il nucleare civile». Uno sarebbe il passaggio a reattori a neutroni rapidi, «che hanno il vantaggio di un consumo di energia moderato ed un basso consumo di combustibile. L´uranio proveniente da giacimenti poveri, debolmente arricchito, conviene perfettamente ai reattori “rapidi”». Con queste nuove e miracolose tecnologie, secondo Golubtchikov le riserve potrebbero bastare per mille anni (ma bisognerebbe rifare tutte le centrali…). L’altra soluzione sarebbe quella del riutilizzo del combustibile nucleare, cioè del plutonio estratto dall’uranio bruciato nelle centrali nucleari.

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