[07/05/2008] Parchi

Zone umide, il punto sul progetto Medwet

FIRENZE. Nel bacino del Mediterraneo sono presenti alcuni ecosistemi acquatici peculiari, molto complessi, di tipo permanente o temporaneo, con acque di salinità variabile (da dolci a salate) di dimensioni eterogenee, che vengono raggruppati sotto il nome comune di zone umide. Possono essere laghi, lagune, estuari, delta, paludi, aree comunque caratterizzate da elevata biodiversità e che rivestono anche un ruolo importante dal punto di vista economico e sociale data la loro elevata produttività. Nello stesso tempo sono ecosistemi fragili e vulnerabili già per loro natura, che sottoposti a pressioni antropiche rischiano di scomparire o essere degradati. Per scongiurare questo pericolo, nel lontano 1991 a Grado in Italia fu lanciata l’iniziativa MedWet, un’azione di collaborazione internazionale per portare ad un’utilizzazione razionale di tutte le zone umide del Mediterraneo.

La storia
Il programma MedWet, nella sua prima fase (1992-96), si è concentrato sul definire e testare metodologie e strumenti di intervento nei 5 paesi mediterranei dell’Unione Europea (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia). Nel 1996 nel corso della Conferenza internazionale "Mediterranean Wetlands Conference" (1996), è stata elaborata la "Dichiarazione di Venezia sulle Zone Umide Mediterranee", sottoscritta da 32 Paesi Mediterranei. La seconda fase di MedWet (1996-1998) ha messo in pratica metodologie e strumenti per i paesi Mediterranei non compresi nell’Unione Europea: il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, l’Albania e la Croazia. Un terzo progetto MedWet (1998-2000) ha stabilito collaborazioni per alcuni dei grandi delta dei fiumi mediterranei, ed un quarto progetto, chiamato MedWet-Coasts, è in corso di realizzazione dal 1999, per lo sviluppo delle strategie di conservazione e sviluppo duraturo su alcune zone umide e costiere dell’Albania, del Libano, dell’Egitto, dell’Autorità Nazionale Palestinese, della Tunisia e del Marocco.

Oggi
Attualmente, l’iniziativa MedWet è gestita dal Comité des Zones Humides Méditerranéennes conosciuto come MedWet/Com in accordo con quanto previsto dalla Convenzione di Ramsar. Il Comitato si propone di coinvolgere i governi, le amministrazioni regionali, provinciali e comunali nell’iniziativa MedWet, attraverso la creazione di una rete nelle regioni mediterranee che permetterà di sperimentare i metodi di conservazioni su alcuni siti rappresentativi. Sono otto le regioni mediterranee già incluse in questa rete: la Corsica e la Provence-Alpes-Côte d´Azure (Francia), la Toscana (Italia), l´Andalusia, la Catalogna, le Isole Baleari, la Murcia e Valencia (Spagna). Arpat, in qualità di referente tecnico per conto della Regione Toscana, sta curando progetti pilota fra cui uno inerente il lago di Burano, per il quale è stato siglato un accordo di programma tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Toscana, Arpat, e tutti gli attori locali, per avviare un programma di risanamento e tutela. Ricordiamo che l’obiettivo principale dell’accordo per il Lago di Burano (area protetta e Riserva naturale in cui sono stati identificate 250 specie di uccelli) è la riduzione fino alla totale eliminazione, dei fattori di “disturbo” e di contaminazione, nonché il ripristino e l’esaltazione dei meccanismi autodepurativi del lago e del reticolo idrografico ad esso connesso, con la contestuale tutela della fauna ittica all’interno del lago.

Da Arpat informano che le azioni individuate per centrare l’obiettivo, da realizzarsi con tempistica differenziata, sono le seguenti: miglioramento del ricambio idrico; miglioramento delle condizioni di ossigenazione; diminuzione degli apporti di sostanze eutrofizzanti;diminuzione degli apporti di solidi sospesi nelle acque del lago; rimozione delle macroalghe e della vegetazione in eccesso dalle acque del lago. Già nel 2004 l’Agenzia per l’ambiente della regione Toscana ha pubblicato uno studio conoscitivo dettagliato su questa importante zona umida.

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