[07/05/2008] Consumo

I corsari di Greenpeace fermano il peschereccio pirata

ROMA. Nella notte tra il 6 e il 7 aprile nel mar Ionio si è svolta una piccola battaglia tra i gommoni dei corsari di Greenpeace lanciati in mare dalla Arctic Sunrise e un peschereccio pirata italiano, il Diomede II, costruito nel 2006 e che, invece che palamiti stava calando “ferrettare”, reti derivanti per catturare tonni e pescespada.

L’abbordaggio di Greenpeace ha fruttato un poco esaltante bottino: «2 chilometri di spadara, una rete vietata dal 2002. Intrappolati nella spadara piccoli tonni rossi e una tartaruga marina che è stata liberata». Il peschereccio, che nascondeva il numero di matricola per non essere riconoscibile, aveva a bordo 10 km di spadare a bordo, con la maglia di 8 cm cosiddetta “ferrettara”, decine di tonni rossi sottotaglia di peso tra 2 e 6 kg e pescati al di fuori delle quote Ue. Il peschereccio pirata, che teoricamente doveva fare pesca sottocosta, era dotato invece di radiosegnalatori e luci alogene e attrezzature sofisticate per lavorare con almeno 10 km di rete derivante in acque internazionali. Greenpeace ha denunciato le illegalità commesse dal Diomede II alla Capitaneria di porto di Messina.

«È evidente – dicono gli attivisti di Greenpeace - che il livello dei controlli è così scarso che ai pescatori conviene ancora investire su nuove imbarcazioni attrezzate con reti vietate sin dal 2002. Con quest’azione Greenpeace ha dimostrato che la cosiddetta rete “ferrettara” viola sistematicamente il Regolamento Comunitario (Reg. CE/1239/1998) che impedisce la pesca con derivanti alle specie pelagiche d’altura, come il tonno rosso. L’Italia, invece di contrastare seriamente la pesca pirata, sta tentando di affondare il Regolamento proposto dalla Commissione Europea contro la pesca illegale. Questo Regolamento prevede l’inserimento dei pescherecci pirata in una “lista nera”: chi ne fa parte non troverebbe più assistenza nei porti dell’Ue e non potrebbe più accedere ai sussidi pubblici, come quelli del “piano di riconversione” che avrebbe dovuto smantellare le spadare».

E gli ambientalisti denunciano anche un malcostume fiscale che diventa anche una truffa all’Unione Europea: «Non è chiaro quanto si sia speso in totale per la riconversione ma Greenpeace ha più volte osservato pescherecci che usavano le spadare nonostante avessero ricevuto contributi fino a oltre 68.000 euro per smantellarle. Dal 2000 al 2006 la pesca italiana ha bruciato oltre 15.500 posti di lavoro». «Se vogliamo pescare domani, abbiamo bisogno di riserve marine oggi» è il grido di battaglia dell’Arctic Sunrise, che sta compiendo anche attraverso azioni come questa una campagna per l’istituzione di riserve marine che coprano il 40% degli Oceani, incluso il Mediterraneo sempre più minacciato.

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