[06/05/2008] Consumo

Il ritorno di Malthus e le donne

LIVORNO. Continuano le rivolte del pane: stavolta tocca ai poveri di quel che resta della stremata Somalia sfidare le pallottole dell’odiato esercito di occupazione-liberazione etiope per invadere le strade di Mogadiscio nel tentativo di assaltare poveri negozi che non accettano più la cartastraccia a cui si è ridotta la moneta locale.

E quando i poveri si arrabbiano improvvisamente, si scopre che sono troppi, troppo affamati e poco disposti a non mangiare. E il crescete e moltiplicatevi cessa di essere propagato, Giuliano Ferrara tace e la crescita demografica zero, i preservativi, il controllo delle nascite, l’aborto fatto in maniera sicura diventano un paradiso da esportare e forse imporre.

Il controllo delle nascite in Cina ed India diventa immediatamente meno crudele, più comprensibile, brutalmente necessario. Troppo poco spazio, meno cibo ed energia, e troppa gente giovane e scura di pelle che spinge verso le nostre frontiere e ci ricorda la nostra miserabile emigrazione italiana, i debiti storici di un colonialismo straccione mai pagato e di una globalizzazione crudele.

Dalle colonne autorevoli del Corriere della Sera, Giovanni Sartori ci ricorda che «D’un tratto abbiamo scoperto che nel mondo c´è molta gente che muore di fame. Eppure si sapeva da tempo. Sei anni fa contestavo i dati Fao (Food and Agricultural 0rganization delle Nazioni Unite) la cui previsione era che nel 2030 il numero delle persone che soffrono la fame sarebbe stato dimezzato e scrivevo così: "La semplice verità è che la fame sta vincendo perché ci rifiutiamo di ammettere che la soluzione non è di aumentare il cibo ma di diminuire le nascite, e cioè le bocche da sfamare. La Fao, la Chiesa e altri ancora si ostinano a credere che 6-8 miliardi di persone consentano uno sviluppo ancora sostenibile. No. Più mangianti si traducono oggi in più affamati. I 30 mila bambini che muoiono di fame ogni giorno li ha sulla coscienza chi li fa nascere" (Corriere del 9 giugno 2002)».

Sartori dice che la coperta è troppo corta e che ci stiamo sotto in troppi e, senza nominarlo, ritira fuori da un riposto sgabuzzino nel quale lo avevano rinchiuso da una parte un ormai dimenticato Karl Marx e dall´altra una sempre attivissima Chiesa Cattolica, il fantasma del buon vecchio Thomas Robert Malthus, che nel 1798 scriveva in "An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society": «Il potere della popolazione è … superiore al potere della terra di produrre sussistenza per l’uomo».

Ora riscopriamo, come diceva Malthus, che concepire bambini è facile e divertente, ma così è sempre più difficile trovare il cibo per sfamare tutti.

Della cosa si occupa anche il libro “More: Population, Nature, and What Women Want” di Robert Engelman, il vicepresidente per i programmi del Worldwatch Institute, un’organizzazione che si è sempre posta la questione della popolazione umana come problema di sostenibilità e del bisogno di ricercare un equilibrio tra popolazione ed ambiente come ingrediente essenziale di uno sviluppo equo e duraturo.

«Nel corso degli anni – dice il Worldwatch Institute – si è evidenziata la necessità di politiche in tutte le Nazioni per promuovere questo sano equilibrio attraverso una riproduzione sana, pianificazione familiare volontaria, uguaglianza di genere, e libera decisione delle donne e delle coppie sulla nascita dei bambini».

Ma l’istituto di ricerca americano ammette che sulla tematica della sovrapopolazione il dibattito è diventato sempre più sensibile e delicato, e che le pressioni di lobby religiose potenti hanno scoraggiato politici ed ambientalisti a prendere posizione sul tema.

A mettere i piedi nel piatto ci pensa Engelman, che da 16 anni si occupa di popolazione e salute riproduttiva, che nel suo libro ricco di dettagli storici ci conduce a spasso nel ventunesimo secolo con due domande sempre presenti: «le donne vogliono più figli o di più per i loro figli? Le donne come possono decidere a quale età fare un figlio in un mondo dominato dai maschi?

Le risposte a queste domande potrebbero avere soluzioni sorprendenti ed aprire nuove speranze per una reale e duratura sostenibilità globale. Restituire alle donne, e non al rigido determinismo di Malthus che tanto piace a Sartori e Tremonti, il controllo delle riproduttività avrebbe ricadute enormi e positive per ambiente, economia e diritti umani.

Visto da questa angolazione il pensiero del pastore anglicano ed economista che polemizzò con Marx assume tutt’altra e nuova dimensione, introducendo l’autodeterminazione femminile e la liberazione sessuale e riproduttiva nel rigido discorso ottocentesco di Malthus, quando questo (e la decolonizzazione) non era neanche concepibile se non nella mente profetica del barbuto e scandaloso scrittore del Manifesto del Partito Comunista, che non condivideva le sue idee e pensava ad un progresso umano continuo e inarrestabile, un pensatore ammirato controvoglia anche da Papa Benedetto XVI, ma che ha messo in giro un seme di pensiero con radici profonde: dalle crisi si può uscire anche avanzando, riconoscendo diritti, ruoli e poteri che fino ad oggi sono stati negati.

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