[05/05/2008] Energia

Nucleare e Opec del gas, il grande e pericoloso gioco tra Usa, Iran e Russia

LIVORNO. Si è addirittura scomodato il leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei, per respingere le nuove richieste delle 6 potenze (Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia e Usa) per mettere fine alla crisi nucleare, ma probabilmente anche per rispondere a brutto muso alla candidata alla presidenza americana, Hillary Clinton che nella sua corsa a destra si è detta pronta a spazzare via l’Iran se attaccherà Israele. «L´Iran non permetterà a Paesi arroganti di negare il diritto del Paese. Abbiamo scelto il nostro cammino di perfezione, di onore, di indipendenza completa – ha detto Khamenei - La minaccia non ci può far fare marcia indietro. Proseguiremo il nostro cammino, e non permetteremo alle grandi potenze arroganti di poter attentare ai diritti del popolo iraniano. Nessuna minaccia obbligherà il popolo iraniano a retrocedere. I ministri degli esteri del gruppo dei 6 si erano riuniti a New York venerdì scorso per fare all’Iran proposte di cooperazione se rinuncerà all’arricchimento dell’uranio.

Ma proprio dalla russa Atomstroiexport (azienda statale di una delle 6 potenze) arriva la smentita della sospensione di forniture. Attraverso la frontiera azero-iraniana, di attrezzature alla centrale atomica iraniana che stanno costruendo proprio i russi. Un portavoce di Atomstroiexport ha detto a Ria-Novosti che «Le informazioni sulla sospensione delle forniture di attrezzature sono erronee. Atomstroiexport non ha mai deciso di sospendere il transito di carichi destinati alla centrale nucleare iraniana di Bouchehr dalla frontiera azero-iraniana. Gli itinerari ulteriori dei lotti in sofferenza saranno decisi nel corso di negoziati».

L’Azerbaigian ha bloccato sul suo territorio materiale nucleare russo accampando motivi burocratici (prima tutto passava senza nessuna domanda) e gli iraniani vedono in questo lo zampino americano. A nulla valgono le assicurazioni russe che le attrezzature non hanno fini militari e tanto meno si tratta di materiale fissile, denunciando «il comportamento strano e privo di fondamento» del governo di Baku. Probabilmente alle propaggini del Caucaso si sta svolgendo un complicato gioco di scacchi che ha in palio non solo l’avvenire geopolitico della regione, ma anche il tentativo di impedire la realizzazione dell’Opec del gas che Mosca e Teheran sponsorizzano.

Secondo il quotidiano Usa Rbc Daily, che cita fonti del Pentagono, Washington sarebbe pronta a dare un colpo dimostrativo all’Iran non per il nucleare ma per impedire l’accordo tra Gazprom e gli ayatollah iraniani e far morire sul nascere la realizzazione del gasdotto Iran-Pakistan-India che Mahmoud Ahmadinejad ha disegnato nel suo tour a Islamabad e New Delhi e che vede coinvolta anche Gazprom.

Secondo quanto dice Igor Tomberg, ricercatore del Centro studi energetici dell’Istituto dell’economia mondiale e delle relazioni internazionali «la Russia è pronta a proporre a Teheran e New Delhi di costruire un gasdotto simile al Nord Stream sotto il mare d’Oman, aggirando l’instabile Pakistan. Gli Stati Uniti, che hanno loro idee riguardo al gas iraniano, da parte loro si oppongono categoricamente alla costruzione di questa pipeline».

Gli Usa non possono ingoiare di buon grado la realizzazione dell’Opec del gas che dovrebbe veder la luce a Mosca. Né gradiscono il doppio gioco dei russi che da una parte partecipano al gruppo dei 6 che minaccia sanzioni e dall’altra fabbricano centrali atomiche e inviano Gazprom a sottoscrivere accordi con la Compagnia nazionale petrolifera dell’Iran per creare un’impresa compartecipata che valorizzerà tre siti dell’immenso giacimento di gas di South Pars, appropriandosi così di risorse che avranno un impatto immenso nel futuro energetico del pianeta, nel quale il gas è destinato a contare (e costare) sempre di più. Washington è accusato da iraniani e russi di volersi appropriare con la forza di un mercato dal quale gli Usa sono esclusi, anche usando mezzi non propri ortodossi (ma la correttezza non sembra proprio di casa in questa vicenda). Il 30 aprile si è tenuto, con il sostegno attivo del Comitato di Stato Usa che si occupa della diaspora, il secondo forum degli azeri del mondo che «lotta per l’indipendenza dell’Azerbaigian del sud» cioè delle province del nord dell’Iran abitate da minoranze azere (e curde). E Teheran non dimentica l’appoggio degli Usa e dell’Iraq di Saddam Hussein alla guerriglia lungo quella instabile frontiera che prima lo divideva dall’Urss e oggi dai nuovi alleati degli americani. Il grande gioco continua, si ingarbuglia e diventa sempre più pericoloso e l’ex nomenclatura comunista azera potrebbe fare da testa di ponte per un’invasione via terra dell’Iran, in cambio delle province irredentiste “azere” (e magari del Nagorno Karabah occupato dagli armeni) e di un’adesione alla Nato, rendendo reale uno scenario già descritto nell’articolo “Blood borders. How a better Middle East would look" dall’analista militare statunitense Ralph Peters.

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