[05/05/2008] Comunicati

Il ciclone Nargis distrugge Rangoon e le coste birmane

LIVORNO. Il ciclone Nargis deve essere stato davvero devastante se l’impenetrabile regime militare, che blinda il Myanmar (Birmania), ha lasciato filtrare cifre ed immagini della catastrofe, cosa che non accadde nemmeno al tempo del devastante tsunami che spazzò l’oceano Indiano.

Secondo la dittatura militare di Yangoon (Rangoon), sono morte almeno 351 persone - ma le vittime nel corso delle ore sono già salite ad alcune migliaia - nel ciclone con una circonferenza di 240 chilometri che si è abbattuto a 193 chilometri all’ora sul sud-est del Myanmar e che nel suo cammino ha distrutto le regioni costiere di Haing Gyi Island, Pathein, Myaungmya, Laputta, Mawlamyinegyun, Kyaiklat, Phyarpon e Bogalay per poi arrivare alla capitale economica del Paese.
La televisione di Stato Myaddy ha dato notizia che nella sola isola di Haing Kyi, si contano 3.969 morti, 41 i feriti mentre risultano ancora 2.879 i dispersi. È emergenza anche per le centinaia di persone rimaste senza casa e acqua potabile. Nargis tra venerdì mattina e sabato pomeriggio avrebbe praticamente distrutto Yangoon, privandola di luce elettrica e telecomunicazioni, e la radio ufficiale del governo militare conferma che alcuni distretti del sud-ovest di Ayeyawaddy sono rasi al suolo.

La radio di regime ha dato notizia che il Consiglio di Stato per lo sviluppo e la pace, come si chiama il temutissimo organo di governo della dittatura birmana, ha dichiarato lo stato di emergenza nelle province di Yangoon, Bago e Ayeyawaddy e negli Stati di Kayin e Mon (la Birmania è teoricamente ancora uno Stato federale, anche se le minoranze etniche sono duramente represse) e il regime ha messo in piedi un Comitato centrale nazionale incaricato della prevenzione delle catastrofi naturali presieduto dal primo ministro , il generale Thein Sein, per avviare le operazioni di percorso.

Intanto la diaspora birmana chiede al dittatore Naypytaw di permettere il libero accesso alle agenzie umanitarie, visto che l’esercito si sta già mostrando non in grado di dare soccorsi efficienti ed è stato immediatamente impiegato a sgombrare le strade dei quartieri ricchi dove vive la nomenclatura della dittatura, lasciando le baracche dei poveri senza luce e acqua potabile. «l’intervento degli esperti internazionali è vitale, perché il regime non in grado di gestire l’emergenza» dice dal suo esilio tailandese Naing Aung, segretario generale del Forum for Democracy in Myanmar. La preoccupazione degli esuli è che i militari non vogliano tra i piedi le scomode Ong occidentali a una settimana dal contestato referendum costituzionale, al quale il regime militare non ha ammesso osservatori internazionali.

L’Onu è in attesa che il regime dia il via libera alle operazioni di distribuzione di tende per i senzatetto, tavolette di cloro per purificare l’acqua e set per cucinare e il vice ministro birmano del welfare ha detto che «l’assistenza internazionale potrebbe essere ben accetta».

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