[30/04/2008] Comunicati

I buoni propositi di Berna e i poverissimi dell’Asia

LIVORNO. Mentre la fame aumenta ed i prezzi dei generi alimentari crescono, proseguono le riunioni per fare il punto su una situazione che sembra non più affrontabile con le ricette classiche del liberismo salvifico o con le miracolistiche proposte di Ogm per tutti. L’ultimo summit urgente è stato quello Chief Executives Board (Ceb) dell’Onu che si è tenuto a Berna e che ha chiesto ai donatori internazionali altri 755 milioni di dollari da destinare il più rapidamente possibile al Programma alimentare mondiale (Pam) per allontanare «lo spettro della fame, della malnutrizione e dei disordini sociali di un’ampiezza senza precedenti. In seguito dobbiamo garantire il cibo per l’avvenire».

Un appello disperato, quasi impotente, mentre i Paesi ricchi fanno i conti con la crisi economica e quelli in rapido sviluppo pensano a come mantenere lo slancio e a sfamare i milioni di poveri che vivono ancora all’interno dei loro confini. Il Ceb ha deciso di creare subito un’equipe speciale per la crisi alimentare mondiale che riunisca i capi delle agenzie Onu specializzate, fondi e programmi ed istituzioni come la Bretton Woods.

Ma l’Onu dice anche una scomoda verità: non si tratta di una crisi passeggera, oltre le necessità urgenti, occorre «affrontare sul lungo termine le questioni strutturali e politiche che hanno giocato un ruolo importante in questa crisi così come la sfida posta dai cambiamenti climatici. Occorre intraprendere ricerche più approfondite sull’impatto dello spostamento di colture alimentari verso la produzione di biocarburanti. Occorre rivedere le sovvenzioni alle colture per biocarburanti a partire dalle colture alimentari».

Sembra di sentire riecheggiare le parole dello stanco, malato e già dimenticato Fidel Castro che tuonava per primo (deriso) contro il cibo trasformato in carburante mentre la gente muore di fame. Eppure, dice il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon (Nella foto) «Disponiamo dei mezzi. Disponiamo del sapere. Sappiamo cosa fare. Dobbiamo quindi considerare che non si tratta solo di un problema, ma anche di un’opportunità. E’ una chance enorme per attaccare alle radici i problemi di molti dei poveri nel mondo, tra i quali il 70% lavorano come piccoli agricoltori. Se li aiutiamo e offriamo loro la miscela adeguata di solide misure locali ed internazionali, la soluzione arriverà. Gestite correttamente, le nostre soluzioni per la crisi alimentare faranno avanzare anche gli alti Obiettivi del millennio per lo sviluppo».

Parole nobili e convincenti quando risuonano nelle sale congressi della ricca Berna, ma che svaporano non appena si volta lo sguardo verso l’Africa più disperata, ma verso l’Asia, che pure è la terra dei dragoni e delle tigri che guidano la crescita mondiale. Secondo un rapporto della stessa Onu e della Banca asiatica, numerosi Paesi non potranno raggiungere gli Obiettivi per il millennio che stanno tanto a cuore a Ban Ki-moon.

«Da un lato positivo, la regione raggiunge uno stadio senza precedenti facendo uscire più di 350 milioni dalla povertà estrema tra il 1990 e il 2004 - spiega Noeleen Heyzer, segretaria esecutiva della Commissione economica e sociale per l’Asia e il Pacifico – Ma questo non è sufficiente, non possiamo spiegarlo in un minuto, le mancanze menzionate nel rapporto devono essere colmate, e devono essere colmate immediatamente».

La mancanza da colmare è vertiginosa: 641 milioni dei più poveri tra i poveri, circa due terzi del totale, vive nella regione Asia-Pacifico. Di fronte a queste cifre il titolo del rapporto, “A Future Within Reach 2008” (Un avvenire a portata di mano 2008) può sembrare quasi irridente, ma serve a spiegare che da questo si può uscire con politiche riformatrici e stabilizzazione economica e settoriale che tengano conto degli effetti che possono avere sui poveri.

Una specie di rivoluzione dall’alto per evitare che i tumulti per il pane ed il riso si trasformino in pericolosissime rivoluzioni dal basso, tanto che il rapporto sfata un tabù: «l’aumento del prodotto interno lordo (Pil) può far abbassare il tasso di povertà, ma ha degli effetti molto modesti sugli altri Obiettivi del millennio come la sottonutrizione e la mortalità infantile e materna».

I bilanci degli Stati non tengono conto dei bisogni reali dei poveri, anche perché secondo il rapporto «mancano 29 miliardi di dollari per aiutare I Paesi asiatici a raggiungere gli Obiettivi del millennio per lo sviluppo. E 8 miliardi supplementari sono necessari tra il 2008 e il 2015 per aiutare 14 dei Paesi meno avanzati della regione. L’efficacia di tutti gli sforzi dipenderà in maniera decisiva dalla qualità della governance», che per ora non sembra proprio abitare nei grattacieli scintillanti e nelle baraccopoli delle metropoli asiatiche.

Torna all'archivio