[30/04/2008] Energia

Il gasdotto Iran-Pakistan-India e il terremoto della globalizzazione

LIVORNO. I governi di New Delhi, Teheran e Islamabad si sono accordati per la realizzazione del progetto del gasdotto Iran-Pakistan-India e prevedono una rapida conclusione dei negoziati. E’ il frutto più succoso colto dal Mahmoud Ahmadinejad (Nella foto) durante la sua visita nel sub-continente indiano che lo ha impegnato in due colloqui con i presidenti de Pakistan Parvez Musharraf e dell’India Manmohan Singh. Due colloqui che durante una conferenza stampa a New Delhi il presidente iraniano ha definito positivi, esprimendo la speranza che «l’accordo venga sottoscritto in un prossimo futuro».

Il ministro degli esteri indiano, Shivshankar Menon, ha confermato l´ottimismo di Ahmadinejad, ma ha avvertito che «un lungo cammino resta ancora da percorrere per assicurarsi che il progetto sia percorribile commercialmente ed accettabile finanziariamente per l’India. Tutte le misure saranno considerate. Crediamo che sia possibile, molto lavoro è ancora necessario».

I colloqui indo-iraniani sono stati facilitati non poco dalla posizione del governo di New Delhi che ha respinto le proposte Usa di un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran riguardanti il dossier nucleare. Rispondendo all’iniziativa del portavoce del dipartimento di Stato Usa, Tom Casey, un portavoce del governo indiano aveva sottolineato, alla vigilia dell’arrivo di Ahmadinejad che «I due Paesi sono perfettamente capaci di gestire tutti gli aspetti delle loro relazioni accordando loro l’importanza e l’attenzione appropriate. La situazione nella regione ha sempre attirato l’attenzione dei due Paesi ed è perfettamente visibile che tutto è regolato sulla base del dialogo durevole e dello scambio di relazioni a diversi livelli. Nessuno dei Paesi ha bisogno di consigli sugli atti futuri in materia di relazioni bilaterali dato che i due Paesi sono convinti che solo l’impegno ed il dialogo possono condurre alla pace».

Insomma, l’India rifiuta le pressioni degli Usa, che pure si sono impegnati a fornire un prezioso aiuto nel campo del nucleare civile e militare a New Dehli, che non ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare, e il portavoce indiano manda a dire poeticamente e duramente a Washington che «E’ importante le idee di ogni nazione che vivono in una particolare regione siano rispettate e lasciate fiorire per raggiungere le speranze di relazioni arricchite tra vicini».

Una via di mezzo tra lo “yankee go home” e i cento fiori maoisti coniugati in salsa indo-persiana. E’ evidente che la prospettiva con cui da New Dehli si guarda al governo integralista della Repubblica islamica dell’Iran è molto diversa da quella che si intravede dalle finestre della Casa Bianca o dall’Iraq occupato dove scorrazzano le milizie sciite.

Infatti, Casey aveva chiesto all’India di convincere Teheran a sospendere le attività di arricchimento dell’uranio: « Washington vuole così incoraggiare New Delhi di chiedere all’Iran di diventare un protagonista più responsabile sulla scena mondiale, cessando le sue attività totalmente inutili per quel che riguarda l’Iraq e il suo sostegno al terrorismo».

Il gas iraniano sembra più interessante dei buoni rapporti con la Casa Bianca, anche perché i rivali cinesi sostituirebbero subito e senza remore gli indiani, e comunque l’India, dall’alto della sua crescita guarnita di atomiche può ora permettersi di ostentare un’indipendenza frutto anche di un passato e orgoglioso non allineamento e di un’amicizia mai nascosta con l’Urss prima e oggi con la Russia. Il mondo globalizzato sconvolge davvero antiche certezze e terremota quotidianamente equilibri che si ritenevano eterni e Stati come l’Iran sono sempre più pronti ad infilare i propri richiestissimi tubi carichi di gas e petrolio nelle crepe del sisma economico e politico che sta mutando il pianeta.

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