[21/04/2008] Consumo

Oranghi di Greenpeace all’assalto delle saponette mangia-foreste

ROMA. Dove, il marchio della colomba dietro il quale si nasconde la multinazionale Unilever, reclamizza saponi e creme molto naturali, fin nelle forme generose delle sue modelle che sono donne “normali”, ma l’immagine amichevole non ha incantato Greenpeace che oggi ha bloccato l´ingresso della sede italiana di Unilever, con attivisti mascherati da oranghi che innalzavano uno striscione su cui è scritto "Dove distrugge la foresta per l´olio di palma" e che hanno scaricato davanti all´entrata dell´edificio una saponetta gigante. A completare il blitz le grida ad alto volume degli orangutang diffuse con amplificatori.

Gli oranghi di Greenpeace hanno bloccato anche le entrate delle sedi Unilever di Amsterdam e Londra, denunciando che «Dove sta distruggendo le foreste del Borneo, habitat degli ultimi oranghi, e contribuendo gravemente al cambiamento climatico. Unilever, infatti, utilizza per i suoi prodotti più di un milione di tonnellate di olio di palma, proveniente da aree recentemente deforestate in Indonesia».

La denuncia di Greenpeace si basa sul rapporto ”Borneo in fiamme” che dimostrerebbe che i fornitori di Dove sono coinvolti nella distruzione delle torbiere indonesiane. Greenpeace accusa la multinazionale «di non agire per prevenire questa distruzione. Anzi continua a comprare da questi fornitori e spinge per prima l´espansione dell´industria dell´olio di palma. A danno delle aree vergini della foresta pluviale del Borneo. Inoltre, Unilever presiede la Rspo, - Tavola rotonda per l´olio di palma sostenibile, un organismo che dovrebbe assicurare la sostenibilità dell´olio di palma. Nonostante la Rspo esista dal 2002, non c´è ancora sul mercato un olio di palma certificato e intanto la distruzione delle foreste continua a ritmo serrato».

La crescita del settore dell´olio di palma sta avendo un effetto devastante anche sulla biodiversità. I fornitori - che hanno collegamenti diretti con Dove – mettono a rischio gli habitat degli oranghi e uccidono gli animali stessi, per fare posto a nuove piantagioni. Il blitz vuole porre l’attenzione anche sulla crescita del consumo di olio di palma che molti addebitano ai soli biocarburanti, mentre è l’industria cosmetica ed alimentare a fare la parte del leone in questo campo, e che sta avendo un effetto devastante anche sulla biodiversità.

«I fornitori - che hanno collegamenti diretti con Dove – spiega Greenpeace - mettono a rischio gli habitat degli oranghi e uccidono gli animali stessi, per fare posto a nuove piantagioni. Il numero degli oranghi è diminuito così drasticamente che la specie potrebbe estinguersi entro vent´anni. Ogni anno 1.8 miliardi di tonnellate di gas serra vengono rilasciati nell´atmosfera a causa della degradazione e degli incendi delle foreste torbiere indonesiane distrutte per fare spazio alle palme da olio».

Secondo Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeace «Dove si sta macchiando di uno dei più gravi crimini ambientali al mondo. Se Unilever non torna sui suoi passi, gli oranghi rischiano di estinguersi in pochi anni e le nostre possibilità di fermare i cambiamenti climatici scompariranno con loro. Dove promette una “bellezza autentica” purtroppo nelle sue saponette, e in altri prodotti Unilever, di autentico c’è anche la distruzione della foresta primaria. Greenpeace chiede a Unilever di sostenere un’immediata moratoria sull’espansione della palma da olio in Indonesia, Malesia e Papua Nuova Guinea e di interrompere i propri rapporti commerciali con compagnie implicate nella deforestazione e nel degrado delle ultime torbiere indonesiane». Gli ambientalisti hanno lanciato anche il sito www.greenpeace.it/deforestazione zero con materiale informativo e pubblicità Dove “taroccate” per diffondere la protesta anche online.

In serata è poi arrivata una buona notizia (così almeno pare): Unilever ha annunciato di assumersi un impegno rispetto alle richieste presentate nel corso della lunga azione di protesta. I responsabili di Unilever hanno promesso di prendere in considerazione una riforma radicale della RSPO (tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile) che potrebbe significare l’esclusione dalla tavola rotonda di quei fornitori di olio di palma accusati da Greenpeace nel rapporto “Borneo in fiamme”. Se questo non sarà possibile Unilever non esclude di abbandonare la RSPO per cercare una soluzione realmente sostenibile. Dopo quasi dieci ore di protesta gli attivisti lasciano la sede romana di Unilever. «Greenpeace continuerà a tenere d’occhio Unilever fino a quando le promesse non diventeranno realtà» dichiara Chiara Campione, responsabile campagna Foreste Greenpeace.

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