[14/04/2008] Recensioni

La Recensione. Il paesaggio toscano tra storia e tutela di Rossano Pazzagli

Dei libri dedicati al paesaggio toscano tutto si può dire tranne che scarseggino. Decidere perciò di aggiungerne un altro deve avere delle buone e valide ragioni. E questo volume collettaneo curato da Rossano Pazzagli le ha tutte. Intanto perché ha inteso chiaramente metter becco in un dibattito arroventato – che spesso è polemica allo stato puro - che da mesi imperversa non soltanto sulla stampa toscana. Un libro, quindi, la cui uscita coincide, niente affatto casualmente, con una vicenda di grande attualità in cui si è rischiato e si rischia di perdere di vista, omettere o banalizzare aspetti e questioni che non possono essere affidati esclusivamente o quasi a interventi “a gamba tesa”, a scambi stizzosi di accuse destinate il più delle volte a lasciare il tempo che trovano se non a confondere le acque.

Si è voluto insomma ‘risalire’ alla storia e alla cultura di una regione il cui paesaggio è un’icona mondiale per ritrovare un bandolo anche istituzionale e politico che in questi mesi si è faticato, e tuttora si fatica, a individuare chiaramente a danno di una riflessione alla quale non giovano né le crociate e neppure le risentite rimostranze di chi ritiene di avere le carte in regola e quindi di essere al di sopra di ogni critica. Che lo si faccia con un volume che esce nella Collana delle aree naturali protette non è ancora una volta un caso. Come si vedrà, infatti, dall’introduzione del curatore e, soprattutto, da alcuni contributi –in primis quello di Antonello Nuzzo- quello dei parchi e delle aree protette è un osservatorio davvero privilegiato per capire meglio cosa è successo e sta accadendo e soprattutto per mettere a fuoco quel che deve essere fatto per uscire bene da questo complicato passaggio che vede in gioco aspetti cruciali di una politica ambientale davvero seria e non solo sul piano regionale.

I contributi dedicati alla storia della nostra regione, e specialmente quello di Giuliana Biagioli sul ruolo dell’agricoltura, se da un lato smitizzano non pochi luoghi comuni sul nostro passato ma, soprattutto, sul nostro presente, dall’altro ci consegnano uno spaccato dal quale emerge chiaramente che la questione del paesaggio non è realisticamente affrontabile inneggiando semplicemente al bello ed evocandone il mito. Chi pensa, insomma, di poterlo fare affidandosi a vecchie ricette, peraltro ampiamente sperimentate con effetti sui quali è meglio sorvolare, deve prendere atto di un intreccio sempre più stretto tra il paesaggio e l’ambiente, il bello e la natura, la storia e l’economia che fu determinante nel passato e lo è e lo sarà ancora oggi. Si veda anche al riguardo l’interessante contributo di Cristiana Torti su ‘L’industria e il suo paesaggio tra Ottocento e primo Novecento’.

Alla costruzione del paesaggio toscano e al ruolo della agricoltura è dedicato anche il ben documentato contributo di Mariassunta Galli, Davide Rizzo ed Enrico Bonari che ci aiuta a ‘leggere’ i cambiamenti derivanti sia dall’abbandono ma anche dai cambiamenti – per esempio -dovuti ai nuovi vigneti che prendono il posto dei vecchi oliveti e le nuove pioppete che si diffondono specie in Lucchesia.
La vera novità- diciamo pure la sfida- sta in questo rapporto che sarebbe velleitario ricondurre a quella tutela ‘puntuale’ che non regge per il paesaggio come non regge per la biodiversità. E non regge perché il paesaggio – come titola Gisella Cortesi - è prodotto culturale e, come dimostrano con interessanti esempi Claudio Saragosa, Chiara Biagi e Valentina Brioschi, un’invariante dinamica, invariante più nelle modalità di evolvere dei vari sistemi ambientali piuttosto che nelle loro caratteristiche statiche istantanee. C’è insomma una dinamicità che coinvolge in primis quei protagonisti della realtà e dimensione locale che in troppi vorrebbero tagliar fuori da decisioni e scelte che li riguardano.

Su questo ampio sfondo si intravedono non sempre con nettezza ruoli di governo nel senso più ampio del termine che le polemiche e il dibattito in corso ci ripropone con troppe parzialità e omissioni. E’ il caso delle aree protette che sono risultate finora assenti o quasi nel dibattito a dimostrazione di quanta poca memoria vi sia talvolta anche dei risultati più interessanti e delle esperienze più significative fatte proprio in Toscana. Leggendondo l’intervento di Nuzzo risulterà chiaro – ne siamo certi - anche a chi finora ha fatto finta di niente- cosa hanno significato per la nostra regione, per esempio, le esperienze avviate con Cervellati e il suo piano del Parco di Migliarino,San Rossore, Massaciuccoli per il paesaggio per la prima volta considerato oggetto di tutela su un piano di pari dignità con la natura e nello stesso piano.

Tanto nuova quest’impostazione che fece storcere il naso a più di un ambientalista e naturalista che trovarono impropria questa connessione che rischiava - si disse - di mettere in ombra le vere peculiarità naturalistiche di questo parco. Un piano che mostrò presto, invece, la sua ‘superiorità’ – mi si passi il termine - sui progetti paesistici predisposti e approvati poco prima dalle sopraintendenze per la Versilia e l’Argentario. Stessa musica per le Apuane dove il piano di recente approvazione avviò parecchi anni fa una ricognizione e un monitoraggio cartografico paesaggistico su un territorio finora considerato solo sotto il profilo urbanistico. La novità non era data solo dal fatto che i parchi si occupassero del paesaggio ( e dei relativi nulla osta) ma che lo facessero per territori particolarmente pregiati non riconducibili ai confini amministrativi ma a ecosistemi e ambienti che per la prima volta erano oggetto di una pianificazione e tutela di tipo speciale e integrata. Un’innovazione delle cui implicazioni sembra si sia andati perdendo, prima ancora che la memoria, la consapevolezza della sua estrema attualità. Merita al riguardo una considerazione quanto scrive a conclusione del suo contributo su ‘Il ruolo della natura nella formazione del paesaggio’ Riccardo Mazzanti.

Dopo avere giustamente evidenziato l’interazione fra elementi e fattori naturali e antropici che stanno alla base di un sistema complesso e dinamico quale è il paesaggio toscano osserva che anche il lodevole sforzo di tutela del patrimonio ambientale attraverso i parchi e le riserve naturali avendo come obbiettivo primario quella della protezione della natura a fini ecologici e ambientali, appaiono relativamente inadeguati per quella di un’entità complessa e composita come il paesaggio nella sua interezza. Osservazione che andrebbe subito girata agli estensori del nuovo Codice ma che forse - stando a quanto siamo andati dicendo - non appare del tutto giusta specie se riferita ai parchi toscani. E tuttavia quanto mai opportuna vista la scarsa attenzione finora riservata nel dibattito a questo aspetto. Osservazione che ben ci introduce alle critiche oggi più diffuse e talvolta impietose che vengono rivolte alla nostra regione. Vezio De Lucia, per esempio, con un equilibrio che gli fa onore, dopo avere confermato la sua simpatia e il suo apprezzamento per le politiche del governo del territorio della Toscana, ribadisce la sua critica ai nostri amministratori regionali per avere affidato ai comuni ruoli e competenze di cui non hanno saputo e non sono in grado di fare buon uso. Insomma un irragionevole egoismo regionalista che non per caso lo mette in rotta di collisione con lo Stato.

Rombai e Signorini in un vero e proprio quaderno di doglianze e dopo avere premesso che “il paesaggio non è questione affrontabile in maniera separata dai temi ambientali” ( non casuale un riferimento agli scritti di Roberto Gambino e alla Convenzione europea del paesaggio) tracciano un’impressionate mappa delle situazioni già più o meno e irrimediabilmente pregiudicate o – e sono le più- che potrebbero rischiare di diventarlo. Si va dai porti agli aeroporti, dalla collina alla costa, dalle pale eoliche alla geotermia, dalle infrastrutture viarie agli inceneritori. Si attinge ampiamente ai documenti dei comitati coordinati da Asor Rosa ma anche ad altre denunce e informazioni. Al termine di questo impressionate excursus si prova anche qualche imbarazzo tanto appare difficile capire cosa si deve e si può fare a fronte di tanti no. Ma la conclusione è sicuramente condivisibile perché mette l’accento sul fatto che la risposta giusta non può venire da una ricerca Comune per Comune dove – come abbiamo già visto - prevale gioco forza una visione non d’insieme. Nel dibattito sul Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) e sul Paino Regionale di Azione Ambientale (PRAA) si è parlato, infatti, di filiera istituzionale in cui tutti i livelli e anelli dovrebbero risultare raccordati.

Torniamo alle considerazioni di Nuzzo. Quei piani avviati e poi gestiti dai parchi regionali avevano il pregio assolutamente inedito di integrare una tutela prevista dalla Costituzione all’art 9, il paesaggio e una tutela speciale non ancora tale sul piano nazionale ( la legge 394 è del 91) della natura.
E’ bene ricordarlo perché ora le strade sono tornate a divaricarsi, come ricordano anche De Lucia e altri, perché il piano paesistico torna a prevalere anche su quello dei parchi marcando un recupero –potremmo dire - settoriale su un piano – quello del parco sicuramente integrato. Divaricazione che, come annota nel suo intervento Carmelo D’Antone, viene definitivamente sanzionate nel nuovo Codice dei beni culturali e paesaggistici che ha modificato sostanzialmente la legge quadro 394 del 91 avvalendosi di un potere che il Parlamento con la delega non gli aveva conferito.

Ma gli effetti negativi di questa divaricazione, che ha già portato l’avvocatura di Stato a impugnare la legge piemontese sui parchi perché affidava a un parco fluviale il piano inclusivo del piano paesaggistico, riguardano proprio quel ruolo dei comuni che tanto allarma i tanti critici del governo del territorio in Toscana. Si, perché i piani di quei parchi prima ricordati oltre a integrare ciò che fino a quel momento aveva viaggiato su binari distinti aveva anche raccordato e proprio sui temi ambientali l’impegno e l’iniziativa dei singoli comuni chiamati per la prima volta a misurarsi con quella realtà non più solo locale a cui fanno opportuno riferimento Rombai e Signorini. L’avere, quindi, in qualche modo a partire dalla legge toscana del 2005 eroso in qualche misura la ‘specialità’ dei parchi toscani nel loro ruolo pianificatorio ha certamente non reso più facile l’operato dei parchi in questa direzione strategicamente decisiva della aggregazione intercomunale.

Il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui si chiede e si sollecita da più parti l’approvazione definitiva, non consente solo alla Stato di riappropriarsi –come è stato detto- dell’esclusiva competenza in materia ma, anche, di separare quello che anche nelle modifiche proposte e discusse dell’art 9 della Costituzione dovrebbe essere unito e armonizzato. E proprio il trattamento riservato ai parchi permette di cogliere in tutta la sua contraddittorietà questa separazione.

Certo sarebbe sciocco ricondurre una vicenda complessa e complicata come quella toscana che ha – a seconda delle opinioni - il merito o il demerito di sollevare aspetti e profili nazionali e non soltanto in riferimento al nuovo Codice ma anche alla Carta delle autonomie, all’attuazione del titolo V della Costituzione e molto altro, al solo tema dei parchi e delle aree protette. E, tuttavia, è innegabile che da qui passano e si possono valutare alla prova dei fatti aspetti, risultati e sperimentazioni di portata più generale grazie al fatto che essi sono anche da questo punto di vista un laboratorio prezioso.

E un contributo serio potrà venire – ce lo auguriamo - da quel Laboratorio del paesaggio di Pisa istituito sulla base di un’intesa tra Università e Sopraintendenza di cui parla Riccardo Lorenzi nel suo intervento e di cui Toscanaparchi già si occupò con un intervento di Amedeo Alpi.

E anche per questo la discussione sulla nuova legge regionale sui parchi e le aree protette della Toscana si preannuncia importante perché consentirà a un decennio dalla sua approvazione di valutare di più e meglio di quanto non sia avvenuto con quella sul governo del territorio quel che va confermato e quello che invece va corretto e modificato proprio in rapporto ai temi di cui parla il libro.

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