[10/04/2008] Energia

L’adesione dell’Ucraina alla Nato scivola sulla strada del gas russo

LIVORNO. Secondo il quotidiano russo Vemosti, sarebbe stata la Germania a mettere il veto sull’ingresso nella Nato di Ucraina e Georgia che tanto piaceva a Bush e tantissimo preoccupava la Russia di Putrin. La strada dell’ingresso delle due repubbliche ex sovietiche nell’Alleanza Atlantica sarebbe stata interrotta dal groviglio di tubature che portano l’energia russa verso l’Europa occidentale, una cosa alla quale gli americano non avevano pensato. La Russia assicura la metà delle forniture di gas alla Germania e il 100% a Slovacchia, Finlandia, Grecia e Bulgaria.

Un cordone ombelicale energetico vitale e che sembra più potente dei legami nordatlantici. Il vero strumento di politica estera della Russia putiniana. D’altronde anche lo spazio di manovra della volenterosa Ucraina è molto stretto: dipende in tutto per tutto dalla non amata Russia, sia per il gas che per i prezzi più vantaggiosi di quelli pagati dai Paesi Ue: 179,5 dollari per mille metri cubi, che alla frontiera dell’Unione Europea lievitano a 400.

E la minaccia russa è chiarissima: una volta che Liev avrà aderito alla Nato, questa forma di sovvenzione, retaggio dell’antico legame, e vitale per l’industria e la società ucraina, cesserà. «L´Ucraina – scrive Vemosti - aumenterà allora I prezzi di transito del gas per la Russia. L´aumento sarà fortemente accompagnato da conflitti e da impedimenti alle forniture».

Davanti a questo scenario, i russi guardano compiaciuti le affollate proteste contro l’adesione alla Nato e le perplessità europee verso un rafforzamento puramente simbolico della sicurezza militare che potrebbe perturbare la sicurezza energetica. Ma le sanzioni energetiche potrebbero anche essere un’arma a doppio taglio, incoraggiando la diversificazione delle forniture (come già sta in parte avvenendo con la ricerca di nuovi mercati in Africa).

«Anche se oggi la Russia è lontana da essere l’unico fornitore di gas verso l’Europa, rimane sempre il fornitore più importante – sottolinea Vemosti – Il petrolio rappresenta il 40% delle risorse energetiche consumate dall’Europa (di cui il 16% dalla Russia), il gas naturale il 24% (di cui il 20% dalla Russia), il carbone il 18%, l´energia nucleare il 12% e il restante 6% riguarda le energie rinnovabili, tra le quali l´energia idraulica. In totale l’Europa riceve circa il 60% delle sue risorse energetiche in maniera diversificata (22 Paesi), il restante 40% (petrolio e gas) proviene dalla Russia e dal Vicino Oriente. La Russia assicura dunque il 12% delle forniture di energia verso l’Europa.

Una dipendenza importante (molto per alcuni Paesi) ma non assoluta, ma che ai ritmi di aumento dei bisogni energetici attuali potrebbe crescere fino al 15 - 20% entro il 2030, soprattutto per quanto riguarda la domanda crescente di gas. Ma i russi non vogliono che questo cordone ombelicale si indebolisca e puntano a diversificare i loro investimenti nel nucleare, nel carbone e nelle energie rinnovabili che vedono come la chiave per assicurare (sempre loro) la sicurezza energetica dell’Europa. La Russia, bontà sua, secondo Vemosti «cercherà di diversificare la domanda per le sue risorse naturali, aumentando soprattutto le forniture verso la Cina. Risultato, la logica del mercato impedirà l’utilizzo dell’arma economica».

Un’equazione abbastanza spericolata, visto che sino ad ora l’arma non si è inceppata e che il libero mercato dovrebbe essere assicurato dallo Stato oligarchico russo che investe in Europa occidentale i proventi delle forniture energetiche verso il liberismo di Stato della Cina comunista. Una cosa è certa, in uno scenario dove gli ex nemici maoisti e stalinisti si ritrovano intrecciati in una globalizzazione nella quale sguazzano come pesci, mentre l’Europa guarda allarmata all’infezione economica Usa e teme la chiusura del rubinetto energetico all’est o un aumento della bolletta che sarebbe una mazzata ulteriore, parlare di allargamento della Nato pare proprio l’ultima delle cose di cui dovrebbero occuparsi le democrazie occidentali. E i pragmatici tedeschi lo hanno capito bene.

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