[04/04/2008] Rifiuti

Le ceneri di pirite non sono sempre sottoprodotto

LIVORNO. Le ceneri di pirite, dopo la modifica al codice ambientale, possono essere ancora dei sottoprodotti, ma solo a determinate condizioni, perché la nuova definizione di sottoprodotto elimina il riferimento esplicito alla sostanza. Lo afferma la Corte Costituzionale che con ordinanza del 28 marzo 2008 prende atto dei cambiamenti del Codice ambientale e rimette gli atti al tribunale di Venezia che aveva sollevato la questione di legittimità dell’articolo 183 comma 1 lettera n) Dlgs 152/06 (ora modificato dal Dlgs 04/08).

Le ceneri di pirite sono il residuo del procedimento industriale di fabbricazione dell’acido solforico che veniva ottenuto attraverso l’ “arrostimento” del minerale pirite in forni speciali. Negli anni che hanno preceduto il secondo conflitto mondiale furono realizzati in Italia circa cento stabilimenti di varia potenzialità per la produzione di acido solforico a partire dalle piriti. Solamente verso i primi anni 70 la materia prima pirite è stata sostituita dallo zolfo - proveniente dalla desolforazione dei gas naturali e dei prodotti petroliferi - che è divenuto l’ingrediente di base per la produzione dell’acido solforico attraverso l’impiego di una diversa tecnologia. Si possono così trovare ancora oggi depositi (più o meno controllati) di queste ceneri in varie zone del Paese.

Adesso invece sono i cementifici i destinatari “naturali” delle ceneri di pirite, perché essendo ricche di ossidi di ferro costituiscono un additivo fondamentale nella produzione del cemento. Le ceneri vengono mescolate tal quali, senza alcun trattamento preventivo alle altre materie prime e successivamente la miscela viene inserita in speciali forni e il materiale così ottenuto, dopo essere stato raffreddato, viene macinato e prende il nome di cemento.

Dunque per tutte queste ragioni e quando la cenere aveva le caratteristiche previste per legge il legislatore del 2006 non indicò la cenere di pirite come rifiuto, ma come un sottoprodotto. Ma con la modifica del codice ambientale le cose cambiano: la nuova definizione di sottoprodotto eliminando il riferimento alle ceneri di pirite, muta il quadro normativo.

Quindi se i sottoprodotti sono quei materiali originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione, se non devono essere sottoposti a trattamenti preliminari per essere impiegati nel corso del processo di produzione o di utilizzazione (anch’esso preventivamente individuato e definito) se il loro impiego non dà luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati, la cenere di pirite – una volta appurato tutto ciò - potrà essere considerata sottoprodotto.

Ne consegue che se dotati di determinati requisiti (merceologici, di qualità ambientale e valore di scambio di mercato) e caratteristiche le ceneri e in generale tutti i sottoprodotti non sono rifiuti e in quanto tali non vengono sottoposti alla disciplina della parte quarta del Testo unico ambientale.
La nuova definizione dovrebbe contribuire a facilitare (almeno in teoria) l’identificazione di ciò che è rifiuto.

Il nuovo codice ambientale mantiene infatti, la definizione di rifiuto come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”, e non elimina il riferimento al criterio oggettivo dell’elenco delle categorie di rifiuti, ma inserisce un meccanismo che consente di chiarire quando un rifiuto cessa di essere tale e può essere riclassificato come prodotto materiale o sostanza secondaria.

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