[03/04/2008] Consumo

Evoluzione e consapevolezza: il difficile viaggio per la sostenibilità

FIRENZE. Da una selezione di articoli della stampa locale (su 4 giorni) dedicata ai temi ambientali solo 1 riguarda il clima, 6 l’energia, 5 l’inquinamento atmosferico e 6 i rifiuti. Essi ben rappresentano la distribuzione della pubblica attenzione ma anche, nel merito, della confusione nella cosa pubblica mentre l’economia va per conto suo e i cittadini si disorientano. Vengono così in mente alcune considerazioni sul rapporto tra sviluppo sostenibile e politica: quando e come essa riemergerà dalle tenebre non lo sappiamo, ma potrà farlo solo attraverso compromessi strategici con le nuove elite di potere, un nuovo “contratto sociale”.

E’ difficile, però, mettere all’ordine del giorno dell’agenda politica le cose da fare per nuovi equilibri sociali, economici (tecnologici), ambientali, possibili solo a condizione che ci sia la consapevolezza, da parte delle classi dirigenti e dei cittadini globalizzati, di alcuni nodi ineludibili pena il “caos prossimo venturo”. Occorre che le vicende ecologiche e quelle socio-economiche vadano considerate unitariamente e siano oggetto di scelte consapevoli; occorre che l’evoluzione culturale orienti/condizioni più di quella biologica e l’adattabilità che la società persegue deve passare, però, da inconsapevole a consapevole; occorre che le scelte vadano valutate chiarendo i criteri di giudizio, perché i mutamenti che riguardano l’ambiente sono positivi per qualcuno e negativi per altri e la risposta ai problemi dipende da quali interessi in gioco si privilegiano.

Sul piano economico poi, bisognerà passare da strutture concentrate a livello societario e proprietario (comprese le multinazionali associate) ad organizzazioni più diversificate, mentre su quello energetico il cambiamento di sistema di approvvigionamento (di materia/energia) richiede un cambio di paradigma in termini tecnologici, economici e politici.

Perché ciò sia possibile è necessario un catalizzatore del cambiamento paradigmatico, prima, e di quello tecnologico, poi (per esempio il cambio di clima o la riduzione delle fonti di materie prime fossili). Ciò è tanto vero che la scienza è il motore della crescita economica. A proposito di crescita è necessario però tenere presente che nei cambiamenti qualitativi nello sviluppo economico di lungo periodo, gli alti tassi aggregati della stessa conseguiti nelle economie industriali, sono il riflesso di continui mutamenti nei rapporti tra le industrie e fra i prodotti. Ma poiché nel lungo periodo l’elasticità della domanda di beni di consumo è bassa sia rispetto al reddito, che ai prezzi, ulteriori innovazioni capaci di ridurre i costi di queste industrie hanno un effetto complessivo relativamente modesto.

E’ per questo che per mantenere una rapida crescita dell’intera economia è richiesto lo sviluppo continuo di nuovi prodotti e nuove industrie. Il progresso economico perciò non consiste nella concorrenza sui prezzi fra prodotti della stessa specie ma dalla concorrenza dinamica fra prodotti diversi. Per questo è così difficile trasformare la crescita economica in nuovi equilibri socioeconomici e ambientali, senza per questo voler tornare al lume a petrolio, anzi con più ricchezza da ridistribuire con equità. Ma, com’è noto, il cambiamento tecnico dipende dall’apprendimento: le scelte sulle tecniche influenzano la natura del successivo processo di conoscenza e le decisioni prese mettono in moto un meccanismo di lungo periodo che collega prezzi dei fattori, scelta delle tecniche e direzione del cambiamento tecnologico stesso, la cui comprensione e orientamento è perciò inseparabile dalla conoscenza della evoluzione storica e sociale, in una parola: politica.

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