[25/03/2008] Consumo

Costi del cibo e insicurezza sociale aumentano di pari passo

LIVORNO. L’aumento del costo del cibo e dei carburanti (bio o fossili, non fa differenza) avrà dei costi non solo per quanto riguarda la lotta alla fame nel mondo, ma anche sociali. Anzi, secondo il World food programme dell’Onu (Pam) sono già più che evidenti.

Le famiglie più povere tendono ad utilizzare la stragrande maggioranza dei loro miseri guadagni in cibo, a detrimento dei beni non alimentari. L’aumento dei prezzi sta già portando ad abbandono scolastico e ad una diminuzione delle attività educative.

La mancanza di sicurezza alimentare sta portando a fenomeni di accaparramento, con i più poveri che acquistano più di quanto vendono, investendo i lori guadagni in cibo e non sui meccanismi di adattamento con i quali potrebbero contrastare proprio l’insicurezza che tocca pesantemente i senza terra, i pastori ed i piccoli agricoltori, ma ancora di più i poveri urbanizzati.

Il Pam ritiene particolarmente grave la situazione in alcuni Paesi

A fine gennaio, in Afghanistan il presidente Karzai ha chiesto 77 milioni di dollari per poter nutrire due milioni e mezzo di affamati in più a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Il prezzo del grano in Afghanistan è aumentato del 67% in un anno, una situazione tragica in un paese dove il 75% dell’agricoltura è di pura sussistenza e dove le famiglie medie spendevano il 20% delle loro entrare in pane e cereali, oggi spendono il 45%.

Nel poverissimo e affollato Bangladesh il prezzo del riso è salito tra il 25 e il 30% negli ultimi tre mesi del 2007, anno in cui il prezzo del riso è cresciuto in totale del 70%, così I più poveri hanno dovuto diminuire i loro pasti quotidiani. A causa della diminuzione delle entrate, le famiglie del Bangladesh comprano meno frutta e legumi, con un drammatico abbassamento della qualità nutrizionale.

Dopo il 1996 la Cambogia aveva prodotto un surplus di riso e nel 2007 una quantità importante di riso è stata esportata nei Paesi vicini per approfittare dei prezzi elevate, ma questo ha prodotto una penuria di riso all’interno del Paese.

Quel che preoccupa il Pam è l’accesso al cibo: «l’aumento combinato dei prezzi sovvenzionati e l’assenza dei prodotti alimentari ha un effetto inflazionistico importante. Il periodo di siccità tradizionalmente comincia tra agosto e settembre. Il Pam dovrà poter essere in grado di distribuire in quel momento delle quantità limitate di cibo gratuito nelle regioni dei paesi soggetti alla siccità.

Fin dal mese di gennaio, in Indonesia il governo si trova a fronteggiare grandi manifestazioni di protesta contro l’aumento del prezzo della soia, raddoppiato in un solo mese, ed ha cercato di reagire all’aumento dei prezzi del cibo promettendo di offrire riso a prezzo sovvenzionato (50%) a 80 milioni di persone. Nel Paese delle diecimila isole il 40% della popolazione, 90 milioni di persone, vive con meno di due dollari al giorno, si tratta soprattutto di abitanti delle zone rurali, sempre più esposti all’aumento dei prezzi del riso e del mais.

Non va meglio in America centrale. A El Salvador la popolazione rurale da circa un anno e mezzo ha tagliato del 50% gli acquisti di generi alimentari, spendendo però la stessa cifra e l’apporto nutrizionale, già cattivo, è diventato pessimo, creando insicurezza alimentare e nutrizionale per centinaia di migliaia di famiglie contadine in America centrale dove il costo di acquisto dei beni alimentari è aumentato per il Pam del 70% negli ultimi 5 anni, tanto da mettere in pericolo I pasti gratuiti forniti nelle scuole.

In Guatemala ha annunciato un aumento del 10% dei diritti doganali sul mais importato e le autorità sono molto preoccupate per il possibile aumento delle tortillas che si preannuncia per quest’estate nelle zone urbane. Un bel problema in un Paese con un tasso di povertà del 55%, con il 15% di persone estremamente povere e il 49,3% che soffre di malnutrizione cronica, che hanno come prospettiva quella di ridurre ancora i loro consumi alimentari.

Ma come sempre le più grandi preoccupazioni vengono dall’Africa.

In Burkina Faso, dove il potere di acquisto è debolissimo, il rialzo dei costi dei prodotti alimentari e il declinato del cotone sta costringendo le famiglie ad aumentare le produzioni agricole di sopravvivenza a discapito di quelle destinate al guadagno, riscendio forse così a produrre cereali per il sostentamento delle famiglie contadine, ma aumentando la sotto-alimentazione per le altre fasce della popolazione. Il governo di Ouagadougou ha già messo in atto un meccanismo di vendite sovvenzionate per intervenire sui mercati dove i prezzi sono troppo alti ed ha provveduto a stoccare 30 mila tonnellate di cereali per garantire la sicurezza alimentare. Nel 2008, il Pam prevede di aiutare in Burkina Faso 600 mila persone soprattutto con i programmi destinati alle scuole ed alla maternità e infanzia.

In Sierra Leone nel 2007 il riso è aumentato del 40%, mentre l’olio di palma del 50% e quello della farina di grano del 25%. A gennaio l´associazione dei panificatori ha indetto uno sciopero contro l’aumento dei prezzi della farina che viene prodotta localmente con grano importato. A pagarne le spese è stata la popolazione che in maggioranza vive sotto la soglia di povertà: circa 120 mila famiglie di piccolo agricoltori e 20 mila famiglie urbanizzate hanno avuto a disposizione il 50% di riso in meno di quanto sarebbe necessario ai loro bisogni. Le 5430 mila tonnellate di cereali raccolte in Sierra Leone coprono il 67% dei bisogni interni il resto deve essere importato o è aiuto alimentare (175.000 tonnellate), il Pam fornisce 15 mila tonnellate di viveri all’anno.

Anche un Paese come la Siria, fino ad oggi non toccata da problemi alimentari significativi, sta sperimentando gli effetti catastrofici sulla sua economia del rialzi dei prezzi alimentari che si presentano proprio mentre si sta riducendo la produzione di petrolio siriano, cioè la principale fonte di entrate del Paese. I siriani non hanno gradito le riforme economiche che prevedono la liberalizzazione del prezzo del petrolio e il malcontento si rivolge soprattutto verso il numero crescente di profughi irakeni accusati di far salire i prezzi degli alimentari e del carburante con la loro forte domanda.

Fortunatamente la dittatura baathista degli Assad ha almeno creato una sistema di protezione sociale per i più poveri e non mancano le associazioni caritative musulmane, ma l’inflazione galoppante sta facendo aumentare il numero delle persone bisognose e accresce la pressione sul sistema del welfare e sulle istituzioni.

In Egitto lo scarto tra stipendi e costo del cibo è sempre più evidente ed è sempre più difficile la vita delle persone che non fanno parte di un programma di sostegno. Nel Paese la spesa necessaria per la sopravvivenza di una famiglia media aumentata del 50% dal’inizio dell’anno e stanno diminuendo a vista d’occhio i consumi di qualità, ma anche le spese legate all’educazione ed alla salute.

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